Eccomi con la mia nuova HONDA AFRICA TWIN 750 e la voglia di avventura cresce a dismisura; in breve comincia a girarmi per la testa, non so perché, “Turchia” e butto giù un percorso con il mio fedele Atlante Stradale (altro che navigatore o smartphone).

Sempre più preso dall’idea, la propongo alle coppie di amici con cui ci frequentiamo, anche a coloro che una moto non ce l’hanno; ovviamente alcune mogli non sono proprio convinte perché spaventate dalla sicurezza del paese.

Ma quando il pensiero è veramente forte da sentirlo quasi vero, pare che gli eventi si predispongano per assecondarti.

Un giorno un mio cliente mi telefona in ufficio perché deve fare una fattura ad una ambasciata straniera; mi reco subito là e conosco il Sig. Silvano Barellini, che lavora … indovinate dove? Esatto proprio all’Ambasciata Italiana di Ankara.

Risolto velocemente il problema amministrativo, con quel simpatico e gentile signore facciamo una lunga chiacchierata nella quale espongo la mia voglia di viaggiare in Turchia; si instaura subito una forte empatia e racconta di alcune bellezze di quelle terre spiegandomi che non ci sono rischi di sorta.

E’ chiaro che assorbo ogni informazione e ogni dettaglio così preso dal mio desiderio di fare questa vacanza; alla fine lui mi propone di inviarmi del materiale pubblicitario specifico del posto e se decido di andare, anche in compagnia, mi darà supporto in loco senza problemi perché, nel periodo in cui intendo fare il viaggio, lui sarà a lavoro in ambasciata.

Ormai per me il gioco è fatto e non resta che convincere moglie e amici.

Non ho dubbi su Maurizio e Barbara, con cui abbiamo condiviso il viaggio di nozze e con cui condivideremo anche le vacanze motociclistiche degli anni seguenti, e di conseguenza non farà opposizione mia moglie; per gli altri, attenderò il materiale che mi manderà il mio nuovo amico dalla Turchia.

Non molto tempo dopo ricevo una grossa busta che esamino con moglie, Mau & Barbi, e poi fissiamo velocemente una serata con gli altri potenziali compagni di viaggio per parlare del progetto.

Ebbene la carovana sarà composta dalla mia Honda Africa Twin 750, la vecchia Hondina XL600 di Maurizio e Barbara, le due nuove Kawasaki KLR600 di Nicola/Angela e Felice/Lorella (questi ultimi sono gli unici alla prima esperienza motociclistica).

Allora si parte.

Il primo giorno è dedicato a raggiungere l’imbarco a Bari; arriviamo con abbondante anticipo rispetto alla partenza (la traversata è in notturna) e facciamo un giro per il capoluogo pugliese in sella alle nostre moto.

Particolarità, ci fermiamo in un luogo un po’ periferico e, mentre siamo lì a rilassarci mangiando qualcosa, arriva una pattuglia della Polizia; l’agente, con atteggiamento da figo, ma cordiale, senza uscire dai suoi Ray-Ban scuri ci dice: “Livorniani, Jamaica!!!” Prima non capiamo e lui con tono più incisivo ripete le medesime parole.

Fra noi ci scambiamo sguardi perplessi, stupiti ed ignari; il militare, allora, ci dice, in modo chiaro, che quel luogo non è sicuro, consigliandoci di spostarci in una zona più centrale.

Ringraziamo e ci spostiamo di nuovo verso il centro, casualmente (o forse no…) vicino ad una caserma, dove stazioniamo fino all’ora dell’imbarco; la notte dormiremo alla buona, su panche e sedie scomode del ponte, ma dopo oltre 800 km di strada piatta e noiosa non è un problema, almeno per me.

Purtroppo, sul ponte si fermano anche due turisti stranieri con chitarra e passione musicale; a lungo ci faranno compagnia, non richiesta, per poi andarsene a dormire nella loro comoda cabina, lasciandoci così poche ore di scomodissimo riposo.

La mattina sbarchiamo ad Igoumenitsa e subito prendiamo il via per fare più km possibili; però per strada c’è una tappa obbligata, Le Meteore.

Ci dirigiamo verso questo luogo mistico dove, su enormi rocce sospese quasi nel vuoto, sorgono dei monasteri e noi andiamo verso uno di questi; ovviamente sarà una visita veloce, rispettando le regole che impongono un abbigliamento decoroso cui provvediamo alla meglio, ma con decenza. Ne è valsa la pena.

Ripreso il cammino puntiamo di lungo finché, secondo il mio sistema consolidato, non arriva l’ora di cominciare la ricerca del ricovero per la notte. Raggiungiamo la costa e decidiamo di fare tappa a Platamon, scelta in modo del tutto casuale.

Troviamo un alberghetto valido a buon mercato e, scaricati i bagagli, ci rechiamo in spiaggia; lì troviamo un ristorantino carino e decidiamo di cenare.

I proprietari sono molto simpatici e cordiali e in un attimo ci troviamo a ridere e scherzare come vecchi amici e facciamo tardi; prima di tornare in albergo promettiamo che torneremo a salutarli al nostro rientro.

Il giorno seguente riprendiamo il viaggio e raggiungiamo la Turchia dove cominciano i contatti con Silvano, il funzionario dell’ambasciata; il piano di azione è comunicargli nella prima fermata mattutina dove ci fermeremo e nel pomeriggio, giunti sul luogo, seconda telefonata per sapere l’albergo prenotato per nostro conto. Fantastico!!!

Il primo obiettivo in terra ottomana è la città sul Bosforo; arrivati all’hotel segnalato, ci prepariamo ad un primo tour.

Istanbul è molto bella e ce la godiamo appieno; una sera ci permettiamo una sontuosa cena, a base di pesce, in un ristorante del suk dove finiamo per discutere in modo molto acceso con il proprietario, che gonfia il conto pesantemente. Alla fine ne usciamo fregati ugualmente, ma in fondo il prezzo pagato è pur sempre decisamente più economico in confronto all’Italia.

Arriva il giorno della partenza e dobbiamo macinare un po’ di km, per cui ci alziamo molto presto; le nostre moto sono custodite in modo sicuro in un garage poco distante dall’hotel, ma siccome a quell’ora è ancora chiuso, chiediamo al receptionist di avvisare i guardiani di aprirci.

Noi uomini andiamo ridendo e scherzando verso il portone della rimessa che troviamo chiuso; bussiamo cortesemente, ma riceviamo risposte incomprensibili, insistiamo, ma stesso risultato.

Cerchiamo allora di dialogare con i custodi, ma è una situazione ridicola perché le lingue sono totalmente diverse; al nostro incalzare le risposte si fanno sempre più agguerrite e urlate.

Noi cominciano a perdere la pazienza, non ci siamo alzati presto per perdere tempo davanti all’ingresso, chiuso, di un garage; diventiamo più incisivi e per tutta risposta sentiamo uno schianto sulla saracinesca che lì per per li ci fa pensare ad uno sparo.

Dopo un attimo di paura e smarrimento, risolviamo mandando uno di noi alla reception affinché provvedano al problema; il risultato è positivo, ci viene aperto ed i ragazzi di guardia si scusano facendoci capire che la notte lì può essere molto pericoloso e non devono mai aprire prima dell’ora stabilita.

Il tutto si risolve con qualche risata e con saluti amichevoli e siamo pronti per la tappa successiva, Pamukkale; là ci potremo godere le famose cascate di acqua calda calcarea che hanno formato delle vasche in cui si può fare il bagno.

La strada che ci porterà a destinazione non è male, il traffico è molto limitato, il panorama notevole, ma arriveranno le sorprese.

Al momento di fare rifornimento ci fermiamo ad un distributore di carburanti, la strada principale è asfaltata ma l’area di servizio no e fin qui ci si può stare. C’è un bar/market ma… prima sorpresa!!! Il bagno è esterno, sono delle cabine poco distanti con cessi rigorosamente alla turca ma ingiovabili; ovviamente le donne rinunciano, io in stato di necessità mi arrangio non vi dico come.

Viaggiamo spediti e a turno tiriamo il gruppo tutti sereni e soddisfatti ma… seconda sorpresa!!!! Son io in testa e in lontananza vedo il colore della strada cambiare, diventare decisamente più chiaro, quasi a riflettere la luce solare; non comprendo e quando capisco è troppo tardi per poter frenare.

La strada è coperta di sassi e ghiaino, non si affonda, per fortuna, e per rallentare levo gas e scalo gradatamente un paio di marce; dietro partono una scarica di sassate, menomale abbiamo tutti i paramani .

Dopo qualche chilometro torna la strada normale, non capiamo, ma il resto della strada è buono e giungiamo a destinazione ancora con il sole che ci permette di vedere il magnifico impatto di questa cascata calcarea bianca, almeno da lontano.

Arrivati più vicino vediamo che la parete è molto sporca e le polle non sono tutte piene d’acqua… peccato!

L’albergo prenotato è il più bello, proprio sopra la cascata, con la piscina che è una vasca naturale enorme piena di acqua calda; prima di cena rigoroso tuffo, stupendo toccasana dopo il lungo e caldo viaggio sotto il sole cocente.

Purtroppo Barbara “smarrisce” gli occhiali da vista nuovi, appena acquistati prima di partire, belli e costosi; ovviamente non li ritroveremo. Quindi a cena si presenta con gli occhiali scuri sempre graduati… sembra Ray Charles al femminile, ma di necessità si fa virtù.

La mattina dopo facciamo un giro turistico sul luogo e abbiamo conferma del degrado della cascata, causata dall’abuso fatto dagli alberghi intorno che assorbono la maggior parte dell’acqua che sgorga dal sottosuolo; scopriamo che siamo fortunati a poter fare questa visita perché UNESCO e governo turco hanno deciso il recupero del sito attraverso l’abbattimento, entro 10 anni, di ogni struttura turistica riportando il posto al suo naturale splendore.

Forse non abbiamo visto il posto nella sua massima salute, ma almeno abbiamo avuto occasione di godere delle sue acque nella piscina naturale del nostro albergo.

Dopo pranzo si riparte alla volta del successivo obiettivo, Bodrum; il posto è sul mare, ci vogliamo concedere qualche giorno di relax in spiaggia e saremo ospiti di un albergatore italiano amico di Silvano.

Anche qui il viaggio riserva una sorpresa: la strada, buona ed ampia, ci consente di viaggiare velocemente fra bei paesaggi fino a che ci troviamo davanti un lastrone nero che ricopre entrambe le carreggiate.

Riusciamo a rallentare ma ci troviamo invischiati nel bitume fresco per un paio di km e non vi dico in che condizioni ci ritroveremo; Maurizio e Nicola approfittano della maggior leggerezza delle loro moto e si buttano sul ciglio esterno alla strada, non asfaltato, limitando i danni.

Felice, davanti a me, non se la sente perché c’è una piccola scarpata (e lui soffre di vertigini) per cui resta in strada a schizzarmi di catrame; io ho la moto più pesante di tutti e non mi fido della tenuta dell’argine, quindi rallento per tenermi il più possibile lontano da chi mi precede che veramente procede a velocità quasi ridicola. Pattiniamo di brutto e ci conciamo per le feste.

All’arrivo a Bodrum, lasciamo le mogli in albergo e noi uomini passeremo una buona ora per ripulire le moto con gasolio e stracci. Come inizio al mare direi non proprio ottimale; prima di cena ci facciamo comunque un tuffo.

La località è molto carina, un centro balneare per benestanti e, visto il cambio a noi favorevole, non ci facciamo mancare nulla.

Arriva il giorno della ripartenza e puntiamo verso Canakkale, vicino ai Dardanelli dove dovremmo fermarci un paio di giorni per visitare i luoghi storici dei dintorni fra cui la città di Troia.

Questo era il progetto iniziale, ma non si svilupperà in tal senso.

Quando manca meno di un’ora all’arrivo, le nuvole, che si intravedono all’orizzonte, ci costringono ad un velocissimo stop & go per metterci il materiale antipioggia e, ovviamente, lo scroscio in cui ci imbattiamo ci rallenta molto.

Arriviamo in albergo che è buio, prendiamo subito possesso delle camere e, ripuliti, ceniamo; dopo azzardiamo un’uscita nel paese, ma il maltempo e il mercatino semideserto, con quasi tutte le bancarelle chiuse, ci convince a tornare in hotel, dove decidiamo un drastico cambiamento di programma.

La mattina seguente il sole è splendido e facciamo un piccolo giretto nel souk salvo poi ripartire per prendere il traghetto che attraversa i Dardanelli; il nuovo obiettivo è tornare a Platamon, la cittadina sul mare dei nostri amici ristoratori greci, e là fermarsi alcuni giorni per riposarsi più vicino a casa. Faremo di nuovo i turisti al mare.

Poco dopo la traversata dello stretto, una pattuglia di polizia ci ferma per un controllo e chiede i documenti; Barbara rufola nel suo grosso zaino ed estrae una ciabattina da mare. Ci facciamo tutti una risata e alla fine il controllo non viene fatto e ripartiamo per la nuova destinazione scelta.

Arriviamo la sera e torniamo al solito albergo, scarichiamo velocemente i bagagli e raggiungiamo il ristorante dei nostri amici greci; sorpresi e felici di vederci, ci fanno mangiare molto bene e poi restano a parlare e scherzare con noi fino a tardi. Domani riposo e mare assoluto.

In realtà non riposiamo e, dopo abbondante colazione, decidiamo tutti di andare sul non distante Monte Olimpo; non troveremo gli Dei, ma una bella strada panoramica con strapiombo da un lato. Il rientro sarà una goduria per Felice che soffre di vertigini e non riesce a stare a bordo strada.

Comunque tutto bene e al rientro relax in spiaggia; ovviamente cena di nuovo al nostro ristorante e via altra serata in buona compagnia.

Il terzo giorno … no, non resuscita nessuno, ma sparisce una moto. Ci siamo appena alzati, io e Felice scambiamo due parole mentre iniziamo a saccheggiare il buffet, arriva Nicola di corsa e dice che che ha sentito che hanno rubato una moto; ci blocchiamo e mentre ci rechiamo all’esterno Felice, sorridendo, dice: “col culo che mi ritrovo sarà la mia”. E così fu.

Presi dallo sconforto, cerchiamo di capire e di risolvere; ovviamente, per Felice e Lorella, la vacanza finisce qui.

Non voglio farvi stare in pena, la moto verrà ritrovata un mese dopo ed i nostri sfortunati compagni di viaggio andranno a recuperarla, non senza qualche problemino.

I nostri amici ristoratori sono stati molto gentili e disponibili e hanno aiutato moltissimo i ragazzi.

Tornando al viaggio, rimasti in 3 coppie, completiamo la vacanza, anche perché non potevamo fare diversamente visto che l’imbarco era già fissato, cercando di goderci il tempo rimanente.

Arriva il giorno della partenza e tristemente ci troviamo in 3 moto in movimento; la strada ormai è conosciuta e dobbiamo arrivare per tempo all’imbarco, tutto sembra volgere per il meglio.

Siamo in anticipo sui tempi ed io, in testa al gruppo, vado tranquillo e costante per godermi al meglio curve e paesaggi; anche perché da Bari sarà solo autostrada.

Ad un certo punto vengo sverniciato prima da Maurizio e, a ruota, da Nicola; penso: “eccoli che fanno a gara. Sempre i soliti.” 😀

Mi adeguo ma senza stargli addosso; ad un certo punto vedo molto in lontananza, a bordo strada, il “retro” di una pecora e mi sale in testa un brutto pensiero; infatti, l’ovino inizia una corsa sconclusionata lungo il ciglio prima di gettarsi in strada, proprio davanti a Maurizio. Vano il suo tentativo di frenata, ha centrato in pieno l’animale.

Risultato: giù lui e subito dopo giù anche Nicola.

Sereni, con molta fortuna, se la sono cavata con pochissimi danni fisici e materiali, e siamo potuti tornare a casa con i nostri mezzi. La pecora? Se l’è cavata pure lei.

Alla fine, il viaggio, comprensivo di tutti gli imprevisti, rimarrà memorabile per tutti i partecipanti.