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01-02/02/2019

Ebbene nulla di deciso fino agli ultimi giorni ma il meteo non è benevolo.

Ok parto, senza prenotare e con l’attrezzatura disponibile (che dovrebbe essere sufficiente, con un piccolo dubbio per le mani).

Giovedì 31 gennaio, il meteo purtroppo corrisponde perfettamente alle previsione e non mi permette di concludere tutti i preparativi, complice anche il fatto che devo pure lavorare.

Dopo la serata mondana con gli amici torno a casa e predispongo una buona parte dei preparativi poi a letto, non di buon ora.

Mi sveglio come al solito, alle 7.00 sono già in piedi e vado a recuperare la moto in garage (non di casa).

Torno a casa e completo i preparativi che mi impegnano più del previsto; sono praticamente le 9.00 e il meteo pare leggermente meglio delle previsioni per cui vado a salutare madre e sorella, come promesso, e forse indugio un po’ troppo.

Alle dieci sono in movimento; giornata grigia ma senza pioggia e temperatura (direi) notevole, 13°. Approfitto e punto alla FI-PI-LI attraverso le nostre zone interne fino a Lavoria dove comincia il viaggio vero.

Tutto procede per il meglio e a Firenze-Signa prendo l’autostrada per Bologna. Sembra tutto troppo facile ed infatti a Barberino comincia a piovigginare ed io non sono ancora vestito adeguatamente. Sono ottimista.

Prendo la direttissima di valico e, uscito dalla prima lunga galleria, trovo pioggia seria; allora alla successiva galleria procedo ad una complicata vestizione antipioggia che mi ruba più tempo del previsto.

Riparto con obiettivo diretto fino al rifornimento ma non posso rispettarlo; passato gli appennini la temperatura precipita e siamo intorno ad un grado, le mani accusano e quindi mi fermo alla prima stazione di servizio sulla Modena-Brennero.

Con un bel caffè caldo riporto in vita le mani e riprogrammo gli stop & go capendo bene che non riuscirò a fare tappe lunghissime, causa le punte delle dita che si ghiacciano. Il tempo comunque regge e l’importante è superare le Dolomiti e dormire in Austria dove pare che il meteo sarà meno avverso.

Riparto e sono bravo, resisto fino al rifornimento, però le previsioni cominciano ad essere veritiere; la strada è pulita ma sta nevischiando e tutto procederebbe liscio se non ci fossero così tanti camion in movimento.

Dopo appena 30 km, la situazione peggiora, si comincia a congestionare il traffico, si creano forti rallentamenti e la neve comincia ad attaccarsi alla visiera del casco; no, a questa velocità non si può procedere, così mi fermo alla prima stazione di servizio e finalmente non sono solo. Già, fino a quel momento avevo incrociato, in senso opposto, uno scooterista nella zona di Pegognaga, probabilmente un indigeno che andava a lavoro, e successivamente, 70 km prima del rifornimento, un motociclista.

Faccio conoscenza con i 4 bikers fermi, in attesa di capire l’evolversi della situazione, poi ne arrivano altri 2. Siamo in 6 che valutiamo il da farsi, con uno di loro si innesca maggiore empatia ed infatti alla fine restiamo compagni di viaggio mentre gli altri decidono una diversa strategia.

Noi alla fine optiamo per accettare ospitalità dal padre di un gentilissimo ragazzo che lavora allo spaccio dell’area di servizio, che abita là vicino, dove ci rechiamo a piedi lasciando le moto, grazie alla cortesia del personale di servizio, sotto una pensilina del box cassa.

Una faticaccia fare 900 metri a piedi nella neve, bardati di tutto ed io con 30 kg di borsone in braccio, ma l’ospitalità ci fa dimenticare tutto e via a letto presto per essere pronti il giorno dopo.

Mi sveglio alle 3 e mezzo, non sono abituato ad andare a letto alle 22.30, e resto al calduccio sotto le coperte fino alle 6; mi alzo, comincio i preparativi e chiamo Riccardo (il mio compagno di viaggio) e, salutato come si conviene il nostro ospitante sig. Bruno, torniamo alle moto; la fatica per me è tanta, con quel borsone, ma almeno mi sono vestito più leggero per non sudare troppo e muovermi più liberamente.

Mentre ci prepariamo, come il giorno prima facciamo gente e con alcuni motociclisti scambiamo due parole; una signora, quando ormai siamo quasi pronti per partire, ci fa una foto per mandarla alla nipote appassionata di moto.

Ore 8,00 in sella e via, ci aspettano 500 km per la destinazione finale, il 63° Elefantentreffen.

É veramente tutto magnifico, perfetto direi, con la strada pulitissima, il traffico regolarissimo, la temperatura 0° che non si sente, anzi pare quasi caldo, ed infine il paesaggio suggestivo e surreale con questa lingua di asfalto che si immerge nel bianco candido delle montagne.

Tutto troppo bello per essere vero ed infatti a Bolzano si complica la situazione e a Vipiteno si infrangono i sogni.

Ebbene non ci resta che tornare indietro e Riccardo la pensa come me; non senza complicazioni, usciamo dalla fase di stallo, per me con qualche inconveniente in più.

Il mio rientro non è una passeggiata, oltre 500 km, di cui oltre 360 sotto pioggia battente, il tutto condito da uno stiramento con leggera distrazione muscolare al bicipite femorale destro e arrivato a casa, a freddo, sono sopraggiunti tutti i piccoli acciacchi minori; per il buon Riccardo circa 170 km in più per tornare alla sua Roma, ma almeno era senza complicanze e comunque meglio attrezzato.

Ci ritroveremo, così ci siamo promessi, non necessariamente per questa esperienza.

Conclusioni:

Bilancio? Positivissimo – Lo rifarei? Certo – Lo rifarò? Non credo, perchè ho altre priorità di viaggio

Qualcuno mi ha definito coraggioso, ma il vero coraggio non sta nel partire, bensì nel saper tornare.

La maggior parte delle persone mi ha detto: ” Ma te sei matto… ” e la mia risposta è stata “Sì, ma solo al 50%”. Andavo là solo da spettatore e non da partecipante (a dormire in tenda sulla neve scaldandosi con fuochi improvvisati).

Ma si vede che non ci dovevo essere 😉