di tutto un po'

Mario Ferraro

Mese: Marzo 2018

1996 – Romania

Questo resoconto sarà soggetto a varie modifiche nel tempo perché la memoria non è chiara; cercherò, appena possibile, di incrociare i miei ricordi con quelli dei miei amici per completare in modo cronologicamente omogeneo il resoconto di questo ultimo viaggio della mia prima epoca di biker.

Per il momento accontentiamoci dei miei flashbacks.


(mappa) – (foto)

Come tutti gli anni siamo giunti a fine febbraio, cominciamo a ragionare di ferie, ed io sono molto garoso perché ho voglia di fare un gran bel lungo viaggio; l’anno scorso la Sardegna è stata carina ma non soddisfacente, troppo poco tempo e, alla fine, abbiamo veramente visitato molto poco.

Incominciano a girarmi in testa idee d’ogni tipo e genere, progetto dal complesso viaggio in Israele e Giordania alla vulcanica Islanda, ovviamente c’è Capo Nord che riecheggia sempre nella mia testa (ormai da anni), ma alla fine, per accontentarmi, butto giù un tour in Irlanda che sembrerebbe quello più plausibile.

Passa il tempo e le mie idee sembrano non coinvolgere Barbara e Maurizio e non capisco il motivo; sono meno partecipi e, quindi, si prospettano destinazione sempre meno appetibili e, senza particolare entusiasmo, optiamo per la Romania, che non ricordo nemmeno per quale mal sano motivo l’ho proposta.

Nel mese che precede la vacanza finalmente vedo i miei compagni di viaggio più predisposti alle valutazioni e quindi, ancorché veramente convinto di questo viaggio, mi lascio trascinare da quella che definisco “euforia di gruppo” (siamo ben lontani dall’entusiasmo vissuto per Turchia e Marocco).

Il giorno precedente la partenza Maurizio e Barbara ci spiegano che avevano altri progetti per l’anno (ampliamento familiare) ma non volevano svelarlo sia per scaramanzia che per non spezzarmi le ali (dei sogni); ma ora si parte e ci si pensa dopo.

Il primo obiettivo sarà raggiungere il delta del Danubio e, data la distanza, cercheremo di arrivarci in 2 o tre giorni.

Il day one è ambizioso, ci mettiamo in moto molto presto perché vogliamo arrivare in terra rumena la sera stessa; purtroppo la velocità media non rispecchia le previsioni per cui siamo indecisi se fermarsi in Ungheria o tirare ad oltranza per rispettare la tappa.

Optiamo per la seconda idea e ci troviamo su una strada di collina (o montagna) che certo non giova al ritmo viaggio; capiamo che sarà dura arrivare alla città che ci eravamo prefissati, per cui, ormai quasi a buio, la scelta obbligata diventa: fermarci semmai troviamo qualcosa in questa strada fra i boschi o, in caso negativo, avanti fino al primo paese abitato.

Troviamo un albergo, ma è chiuso, sicuramente da molto tempo visto la fatiscenza, e quindi proseguiamo sempre più convinti che andremo a dormire a notte fonda; siamo ormai rassegnati che dobbiamo tirare fino alla prima città, che nemmeno riusciamo a capire quanto dista, dove arriveremo stanchi e affamati.

É praticamente buio in mezzo alla vegetazione, ma in tutta quella oscurità distinguiamo in lontananza una sbiadita insegna; non ci pensiamo due volte, ci fermiamo per chiedere informazioni e, con piacevole sorpresa, scopriamo che si tratta di un bar/ristorante, o qualcosa del genere.

Decidiamo di cenare, almeno non andremo digiuni a dormire quando arriveremo in città, e, prima ancora di sederci, investiamo il cameriere di domande (dove siamo di preciso, quanto manca alla città più vicina, dove si può dormire) e, udite udite, arriva la scoperta che c’illumina di gioia: hanno due camere, se ci vanno bene possiamo fare tappa subito. Andiamo in ispezione e…fantastico!!! Ci si ferma.

Ora non pensate che abbiamo trovato una reggia, ma sono più che decenti per dormire e lavarsi evitando altre tre ore minimo di guida in notturna per giungere alla città più vicina e lì iniziare una faticosa ricerca di una sistemazione, senza nemmeno la certezza di trovarla.

Siamo tutti contenti, sazi e soddisfatti, troviamo anche il tempo di rilassarci un attimo prima prepararsi per dormire; sistemate moto e bagagli, ci diamo la buonanotte e con Maurizio, sorridenti, ci diciamo: “tutto troppo bene, dove l’in… la fregatura?”. E buona notte sia.

Passano nemmeno 10 minuti e sentiamo il fischio assordante di un treno, mi precipito alla porta e mi affaccio praticamente in simultanea con il mio amico, alziamo gli occhi rimanendo esterrefatti nel vedere un treno, tre metri sopra di noi, che passa velocemente. Appena si è allontanato ci guardiamo e scoppiamo a ridere esclamando insieme: “Ecco dov’era l’inculata!!!!”

Non ci eravamo accorti che c’era la massicciata delle ferrovia dietro la casa, d’altronde buio e stanchezza, oltre alla felicità di aver trovato un giaciglio subito dopo cena, hanno offuscato la nostra vista.

La mattina, per fortuna non prestissimo, ci sveglia il passaggio di un altro treno, ma tanto dobbiamo rimetterci in viaggio; tutti in piedi soddisfatti per la buona dormita, facciamo colazione, carichiamo le moto, paghiamo, ringraziamo la cameriera e ripartiamo .

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Arriviamo a Brasov, la temperatura è gradevole e decidiamo di fare tappa in questo posto molto carino; non riusciamo a trovare una sistemazione in città e quindi ci spostiamo in periferia ma anche qui non ci sono alberghi che ci vadano bene.

Giungiamo nei pressi di un campeggio, cerchiamo di capire se hanno un alloggio ma dicono che hanno solo piazzole; dopo un altro vano tentativo di ricerca in città torniamo di nuovo al camping perché mi sembrava di aver visto delle capanne in legno a forma di tenda indiana (meglio che niente!!!!)

Con molta fatica riusciamo a farci capire sulla nuova esigenza, ma non ne hanno di disponibili e, l’addetta alla ricezione, vista la nostra delusione, molto timidamente ci propone di farci vedere un bungalow, avvisandoci che è veramente molto costoso; siamo stufi di girare a vuoto, lo andiamo ad ispezionare ed è veramente carino, 4 posti letto, con bagno interno e possibilità di parcheggiare le moto proprio accanto alla casetta.

E’ perfetto, quindi, ci stringiamo nelle spalle e noi uomini andiamo ad affrontare la spesa, in fondo è solo per una notte; la receptionist ci vede tornare e ancor più timidamente ci dice il prezzo.

Alla nostra espressione di stupore, rimane dispiaciuta; si crea una strana situazione di imbarazzo reciproco dove lei crede che siamo spaventati dal prezzo e noi non siamo sicuri di aver ben compreso la cifra. Soluzione, ce la facciamo scrivere su un foglietto, rapido calcolo del cambio e guardandoci sorridiamo a 64 denti (2×32) consegnando le nostre carte di credito alla ragazza che rimane sbigottita; lei, rilassata, ci chiede: “It’s ok?” e noi, fermi nella stessa espressione facciale, all’unisono rispondiamo: “YES!”

Diciamo la verità, con quella cifra in Italia ci fai una colazione per cui è perfetto, anzi resteremo un giorno in più. Quindi, prendiamo possesso del bungalow, scarichiamo tutto ciò che non serve e via a fare i moto-turisti fino a tarda sera.

Il giorno dopo ce la prendiamo con molta calma, fra l’altro ci siamo alzati non prestissimo, andiamo a fare colazione praticamente a metà mattinata nel bar del campeggio; è caldo, ci mettiamo fuori in terrazza e, sbagliando, ordiniamo la colazione “complet”.

Sarà un’abbuffata apocalittica di salato e dolce con piatti che non finiscono mai; due ore a tavolino, ci alziamo che è mezzogiorno passato, e, ovviamente, decidiamo di saltare il pranzo per uscire a visitare i luoghi intorno alla città.

Brasov è un’attrazione turistica invernale per benestanti, le piste da sci, ovviamente chiuse adesso, sono a 10 km e così andiamo a farci un giro per le strade di montagna; al rientro ci fermiamo nel bellissimo centro attraversato di un ampio marciapiede pieno di aiuole con magnifici fiori colorati, fontane e panchine per sedersi.

E’ ancora pieno giorno quando decidiamo di tornare alla nostra casetta a goderci il panorama circostante dalla nostra veranda; ci prende un po’ di rammarico sapere che dobbiamo andar via da quel luogo di pace e bellezza che avrebbe meritato più tempo, ma abbiamo un itinerario da rispettare.

Il giorno dopo partiamo non senza grande tristezza, si stava talmente bene che era da finire lì la nostra vacanza e più volte ce lo ripeteremo.

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Arrivati sul delta del Danubio ci addentriamo nelle terre lambite dai vari corsi d’acqua alla ricerca di un’adeguata location per soggiornare un paio di giorni; c’è poco da scegliere ci sono solo campeggi veramente di scarso livello ed alla fine ne scegliamo uno a caso.

Optiamo per la soluzione bungalow, memori della magnifica esperienza di Brasov, ma siamo ad anni luci di distanza per bellezza e qualità; proviamo in tutti modi a farcelo piacere ma è veramente squallido e, dopo aver visto che il lavandino scaricava sul pavimento, abbiamo rinunciato al soggiorno sul delta e siamo fuggiti verso l’ultima città trovata prima di addentrarci in queste terre paludose.

L’albergo che troviamo sembra decente quindi scarichiamo i bagagli e parcheggiamo le moto vicinissime e legate insieme messe su una piazzola sotto un balcone nel cortile interno della struttura che sembra troppo perfetto come ricovero (infatti, sembra).

Andiamo a cena, troviamo un ristorante che pare accettabile, salvo scoprire che la tovaglia è rovesciata ed anche i tovaglioli sono ripiegati; tutto ha un motivo e quindi, passi la tovaglia, per pulirci la bocca e le mani utilizziamo i nostri fazzoletti di carta onde evitare di “macchiare ulteriormente quei luridi pezzi di stoffa”.

Almeno il cibo è buono ma non vogliamo immaginare lo stato igienico delle stoviglie; restiamo un poco per decidere il da farsi, il tempo non è buono e quindi influenza la serata e le scelte per il giorno seguente.

Domani faremo un giro in battello sul Danubio, considerato che non siamo riusciti a stare sul delta; quindi, andiamo a dormire.

Purtroppo, avrò una spiacevolissima sorpresa; mentre sto per prendere sonno sento il ronzio fastidioso di alcune zanzare, pare che la nostra camera sia piena di questi agguerriti insetti volanti che ci attaccano costringendomi ad una impari battaglia. Mia moglie si difende dormendo sotto le coperte, io ho un caldo bestiale e tento una ricerca del covo per risolvere il problema alla fonte; alla fine dovrò capitolare esausto e sopraffatto dal sonno, lasciando il mio corpo in balia delle succhiasangue alate.

Mi sveglio all’ora programmata e, alzatomi, scopro la devastazione delle mie parti scoperte saccheggiate dalle sgradite ospiti della mia stanza; comunque procediamo nei preparativi per la gita, facciamo colazione ed usciamo in fretta, siamo in ritardo.

Giunti all’imbarco praticamente di corsa, comprendiamo che la giornata non promette nulla di buono, ma non abbiamo tempo per tornare in albergo per recuperare indumenti più idonei al clima; confidiamo nel fatto che il meteo possa migliorare, nel qual caso il caldo non mancherebbe, quindi c’imbarchiamo per iniziare il giro turistico nelle acque (non blu) del famoso fiume.

Poco da raccontare, un tour quasi insignificante; ricordo che ha pranzo ci hanno portato in un locale enorme sulle rive del fiume dove insieme ad una marea di persone, giunte con altre imbarcazioni, mangiavamo come nel caos tipico di una sagra di paese.

Ripartiti per completare il giro, nel corso del pomeriggio il tempo è decisamente peggiorato, con ritorno sotto pioggia battente ed un discreto calo della temperatura; abbiamo patito un freddo bestiale, ma almeno le nostre mogli hanno goduto di un po’ di ospitalità nella microscopica cabina del comandante.

Tornati in albergo, ci siamo preparati per la cena dove abbiamo fatto il punto della situazione tenendo presente anche le previsioni meteo viste in TV; rimandiamo ogni decisione al mattino seguente, ma per me sarebbe già abbastanza così, ma la notte ci riserva ancora una sorpresa….

Dormo sereno, non ci sono zanzare, di colpo bussano pesantemente e ci urlano qualcosa; mi alzo di soprassalto e cerco di realizzare, mi affaccio e l’unica cosa che credo di capire è che stanno rubando le moto.

M’infilo pantaloni, scarpe e maglietta e, in un nanosecondo, sto battendo forte sulla porta della camera dei nostri amici, riesco a svegliarli e urlo a Maurizio che ci stanno rubando le moto e che mi raggiunga subito, correndo poi giù nel cortile per salvarle.

Sono quasi arrivato e sento l’antifurto dell’Aprilia Pegaso 650 del mio amico che suona incessantemente, non ricordo cosa ho in mano ma se arrivo là e trovo il ladro lo anniento; eccomi sul posto ma vedo solo in nostri mezzi a terra.

D’istinto cerco di tirarle su, ma visto che sono legate insieme la cosa e leggermente complicata; quindi, rimuovo i catenacci che le tengono unite e nel frattempo giunge il mio compagno di viaggio a darmi una mano.

Alziamo e parcheggiamo prima la sua moto, non solo perché più leggera ma, sopratutto, per far cessare l’ululato dell’antifurto; poi tocca alla mia adorata due ruote che, oltre ad essere decisamente più pesante, è pure incastrata col cavalletto nel terreno sottostante, costringendoci a faticare non poco.

A questo punto, comprendiamo chiaramente l’accaduto; il marciapiede, fatto di uno strato di 3 cm di asfalto adagiato su morbida terra, non ha retto al peso della mia Honda Africa Twin 750 e così il cavalletto laterale ha sfondato la superficie e la moto è andata giù di colpo tirandosi dietro anche quella di Maurizio che è stata così catapultata al di fuori della piazzola scatenando la furia dell’allarme.

Molto contrariati facciamo un controllo dei danni che sono, per fortuna, praticamente nulli, quindi risistemiamo tutto al meglio e in una situazione di maggior sicurezza, dopodiché, ridendo, torniamo a dormire; per fortuna, questa notte in camera non ci sono zanzare, così riuscirò a riposare bene.

La mattina seguente decidiamo di rinunciare ad ogni ulteriore visita del posto, addirittura non andremo nemmeno sul Mar Nero, e via verso altre destinazioni.

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Stiamo arrivando verso Bucarest, ma ormai è ora di pranzo per cui troviamo in strada un ristorante e ci fermiamo; entrati nel piazzale percepiamo un senso di disagio, però qui siamo e qui mangeremo.

Purtroppo la sensazione iniziale era giusta, il servizio non sarà impeccabile, non riusciamo a farci comprendere dagli scorbutici camerieri, sentiamo come ci volessero fregare; effettivamente non saremo serviti a dovere né nel cibo né, tanto meno, nel conto.

Beh, in un viaggio qualche fregatura ci può stare e, quindi, ripartiamo per giungere in città.

La capitale rumena è molto grande, e francamente non offre un grande impatto positivo con tutti quei grigi, tristi e alti palazzoni; a questi fanno contrasto alcune strutture lussuosissime, che sono principalmente Hotels, proibitivi anche per noi, importanti uffici o sedi di grosse aziende.

Dopo aver girovagato a caso qua e là accostiamo, capiamo di essere in forte difficoltà nel trovare un’adeguata location per la notte; vediamo un insegna italiana, è un negozio di scarpe, accostiamo e ci fermiamo sia per fare un punto della situazione sia nella speranza di poter ricevere aiuto dai negozianti.

Anche stavolta l’istinto non fallisce, infatti ci viene in soccorso un giovane italiano titolare del negozio insieme al padre; sono di origine toscana, di Arezzo, ma ormai si sono trasferiti qui definitivamente e con l’Italia hanno solo rapporti commerciali.

Con loro si instaura subito una buona empatia, sono veramente gentili e disponibili, ci illuminano sui rischi della città e non solo ci indicano come muoverci, ma ci aiutano anche: ci trovano un appartamento per soggiornare, ci fanno mettere le moto all’interno del loro magazzino dove hanno un adeguato impianto di allarme, ci trovano un taxista che ci scorrazzerà nel nostro soggiorno ed infine ci invitano a cena la sera per fare due chiacchiere.

Il loro aiuto sarà determinante, la sera a cena stiamo bene e mentre noi gli ricordiamo l’Italia che tanto gli manca, loro ci danno un sacco di informazioni utili per completare la vacanza in sicurezza; in particolare ci consigliano di evitare il rientro passando dal sud della Romania.

Il progetto prevedeva il nostro ritorno risalendo le sponde del Danubio ma tutta la zona meridionale della nazione sono terre magiare ed i rischi di furti e rapimenti erano davvero allarmanti; questo ha influito sui nostri piani di viaggio tant’è che abbiamo deciso di ridurre i tempi di visita di Bucarest e quindi avremmo anticipato il rientro magari visitando altri luoghi in altre nazioni durante la strada del ritorno.

Il giorno seguente il taxista incaricato ci ha fatto da autista e guida turistica; come previsto, la sera avevamo esaurito la nostra escursione.

La mattina seguente, recuperati le moto dai nostri amici li abbiamo salutati lasciando al destino la possibilità di un nuovo incontro e ci siamo incamminati verso un nuovo itinerario da costruire giorno per giorno.

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Nel tour vacanziero inoltre:

.- abbiamo fatto visita al Castello di Dracula, ma francamente non ricordo né come ci siamo arrivati, né dove sia, né come fosse;

.- tutti i cambiamenti ci fanno recuperare tre giorni e quindi durante il rientro anticipato verso casa, faremo tappa a Bovec, in un albergo che già conosciamo dal viaggio del 1993; qui però le cose sono molto cambiate, il posto è decisamente più turistico e meno interessante per noi. I prezzi, decisamente aumentanti, e le attrazione, che non ci coinvolgono, ci fanno decidere di ripartire il giorno seguente per andare a Venezia a trascorrere gli ultimi due giorni di vacanza.

Beh la città lagunare ha sempre il suo fascino, quindi perfetta chiusura in bellezza di una vacanza dal sapore neutro.

Ah dimenticavo… dal viaggio i miei amici sono tornati in tre 😉 ; galeotta fu la prima notte di vacanza, in quel luogo sperduto nel nulla (ancora ricordo il rumore del treno).

1995 – Sardegna.

(mappa) – (foto … in fase di ricerca)

Siamo a giugno e, con i nostri consolidati compagni di viaggio Maurizio (ora neo Ingegnere) e Barbara, dobbiamo definitivamente decidere delle nostre vacanze.

Quest’anno tutti i progetti si sono dovuti ridimensionare perché il laureato biker ha trovato lavoro definitivo, indovinate dove???? Piaggio; non sono moto ma sempre di 2 ruote si parla.

Ovviamente, non avendo maturato un quantitativo di ferie tali da permetterci i nostri amati lunghi viaggi, optiamo per la più bella isola italiana: SARDEGNA (non me ne vogliate, è un opinione del tutto personale).

I nostri amici l’hanno già girata un po’ negli anni passati, ne sono entusiasti e quindi l’idea piace; che zona? Faremo il sud, il tempo è poco e dobbiamo accontentarci.

Nei preparativi si aggiungerà anche una coppia di motociclisti di Milano, che approfitteranno dell’accoglienza di parenti residenti nei pressi del capoluogo sardo.

Tutto pronto, è arrivato il giorno della partenza, nel pomeriggio ci mettiamo in movimento alla volta del porto di Civitavecchia; là ci imbarcheremo in notturna per raggiungere Olbia per poi giungere a destinazione prima di pranzo.

Non abbiamo prenotazione per cui, arrivati al porto, ci mettiamo in fila e attendiamo l’apertura della biglietteria, convinti che ci sarà posto per 3 moto e 6 viaggiatori; dopo un’ora circa Salvatore inizia ad andare in ansia, ha paura che non c’imbarcheranno. Inutile ogni tentativo per tranquillizzarlo.

Ad un certo punto decide di sentire se è possibile far qualcosa per avere certezza che non rimarremo a terra; cerca a vuoto qualcuno della compagnia di navigazione e alla fine si rivolge a due poliziotti in servizio nella sala d’attesa.

Gli spiega, in perfetto milanese, la nostra situazione; gli agenti lo ascoltano e cercano di rassicurarlo, ma il nostro amico non si dà pace e chiude con una domanda accorata: “e noi come si va di là?”.

Risposta, ovviamente goliardica, in perfetto romano: “A noto!!!”

Salvatore, che è passato dall’ansia al panico, non capisce e recupera velocemente carta e penna; torna dall’agente e replica: “Mi dica!”

Si innesca un botta e risposta fra i due: “A noto!” – “sì sì ho carta e penna, mi dica” – “A no-to!!” replica con voce squillante il poliziotto – “sì sì annoto” dice il nostro amico mostrando penna e carta.

A questo punto l’agente, esterrefatto, conferma la battuta aggiungendo alle parole una eloquente mimica; Salvatore è ormai nel buio mentale più totale e continua ad attendere istruzioni mentre l’altro continua a nuotare in aria mentre scandisce le sue due parole.

Questa ridicola situazione richiama pubblico e alla fine tutti scoppiano in una grossa risata; Salvatore comprende la battuta e ride anche lui ma dentro di sé pensa “ma vaffanculo!!!”, anche perché la sua preoccupazione non viene risolta.

Fra di noi ci rideremo fino all’apertura della biglietteria; ottenute le carte d’imbarco, corriamo alla nave e Salvatore si tranquillizza.

Siamo, ovviamente, gli ultimi ad entrare e subito chiudono il portellone; dobbiamo lasciare velocemente il garage perché siamo già in movimento.

Mentre, in tutta fretta, recuperiamo ciò che può esserci utile per la traversata notturna, Barbara, che soffre il mal di mare, cerca di ingurgitare una xamamina (o simile), ma nel caos del momento gli cade a terra; senza nemmeno pensarci un secondo la raccoglie, gli soffia addosso e la ingoia.

Io la guardo sbalordito con gli occhi increduli, lei mi vede e dice: “che c’è?”, rispondo immediatamente: “ti sei resa conto di quello che hai fatto?” – Lei non capisce.

Racconto il fatto a Maurizio mentre saliamo sul ponte e scoppiamo a ridere, risate che si estenderanno a tutto il gruppo quando troveremo un posto per accamparci e passeremo un po’ di tempo a raccontarci la giornata; prima di andare a dormire.

Vi domanderete che è accaduto: bene, Barbara è un’ igienista intransigente, quindi ciò che ha fatto è fuori totalmente dalla sua logica; si giustificherà dicendo che il mal di mare sarebbe stato peggio.

Sono le 5.30 del mattino, i megafoni della nave avvisano di lasciare le cabine, ma la cosa non ci riguarda … abbiamo dormito sul pavimento (almeno io); lo sbarco è previsto alle ore 7.00 e quindi abbiamo il tempo per prepararci tranquillamente.

Alle 6.30 giunge un messaggio dagli altoparlanti: “I passeggeri della cabina 214 son pregati di lasciare la chiave alla reception” con una magnifico intercalare napoletano; perché lo notiamo? Sarà il “leitmotiv” fino all’uscita dalla nave… ed oltre.

Io e Maurizio ridendo lo ribattezziamo in: “A chiav!!!” e sarà il motto della vacanza 😀 😀 😀

Le tre moto si muovono insieme verso Cagliari che sarà la base di appoggio delle nostre ferie; il viaggio è piacevole, fa caldo, il cielo è sereno ed i paesaggi stupendi. Che dire tutto perfetto…. no!

Due inconvenienti durante il tragitto; il primo, di poco conto, capita a me, il secondo, più grave, a Salvatore e Patrizia (gli amici milanesi):

– (a me) stiamo correndo lungo l’arteria centrale dell’isola, il traffico è scarso, mi sudano gli occhi e decido di togliermi gli occhiali da sole; rallento leggermente, alzo la mentoniera del casco, mi sfilo le lenti e, gentilmente, urlo a mia moglie (non avevamo interfoni) di prenderli e metterli in tasca.

E’ un’operazione abituale, per cui do per scontato che lei abbia capito e tranquillamente mollo la presa, certo di lasciarli in mani sicure; dallo specchietto vedo un oggetto schizzare come un proiettile e immediatamente comprendo.

Freno quasi bruscamente, attivo la freccia, accosto, metto il cavalletto laterale mentre scendo al volo e, mentre mia moglie rimane seduta in sella e mi guarda esterrefatta, comincio a correre sull’ampia corsia di emergenza; la strada ha due corsie per senso di marcia, incrocio alcuni veicoli che procedono spediti, e infine li vedo, in mezzo alla carreggiata, ancora sani e salvi. Non posso recuperarli subito perché sta per sopraggiungere un’auto, la guardo e non mi convince, ma è troppo veloce e devo attendere che passi prima di recuperarli; eccola, scricchiolio e frammenti …. bastardo, non me lo leva nessuno dalla testa che l’ha fatto apposta.

Non sono arrabbiato, anzi me ne faccio subito una ragione e torno alla moto; nel frattempo i miei amici, che si erano fermati subito dopo me, mi aspettano per capire che diavolo sia successo. Mi vedono arrivare ridendo, si tranquillizzano tutti, gli racconto in dettaglio l’accaduto e sfociamo in una magnifica risata di gruppo. Ok, si riparte.

– (Salvatore e Patrizia) arriviamo quasi a Cagliari, ci fermiamo perché gli amici milanesi vanno dai loro parenti che li ospitano e, quindi, ci salutiamo, dandoci appuntamento per il pomeriggio, e ci separiamo.

Quando ci ritroviamo, sono abbacchiati e non capiamo finché non ci raccontano: dopo che ci siamo lasciati, prima di ripartire, si sono alleggeriti per il caldo ed hanno legato alcuni indumenti e oggetti al bauletto con un classico elastico a ganci; purtroppo, nel loro tragitto hanno seminato il materiale e per loro sfortuna è accaduto davanti un campo Rom. Vana ogni ricerca in proprio e con l’aiuto di una pattuglia di carabinieri che ben gli ha consigliato di evitare di parlare con gli zingari del posto. E questo è quanto.

Nel pomeriggio siamo comunque andati alla spiaggia del Poetto a goderci prima un po’ di mare e, al rientro, ci siamo fermati alle saline naturali per fotografare gli stupendi fenicotteri rosa: spettacolo della natura.

Siccome abbiamo deciso per spostamenti a giorni alterni, la magnifica spiaggia del capoluogo è stata punto fisso delle giornate di riposo.

Le gite sono state:

– Chia, dove abbiamo goduto di una spiaggia bianca, enorme, meravigliosa e pulita così come il mare, stupendamente azzurro; indescrivibile anche con le foto.

– Villasimius, non senza soste in alcune calette sul mare vicine alla strada panoramica che costeggia tutta la bellissima costa; la famosa cittadina turistica è molto carina e noi ci fermiamo ad una spiaggia enorme dove completiamo la giornata.

– l’ultimo tour era destinato a raggiungere la Costa Rei, ma il tempo nuvoloso con vento e pioviggine ci ha costretti a desistere; quindi, solo un bel giro in moto e poco più.

Finisce la nostra vacanza con un tranquillo ritorno verso casa; comunque, la breve esperienza ci ha lasciato la voglia di tornare, chissà quando e come.

RICORDATE: semmai andrete, non dimenticate: “A chiav!!” 😀 😀 😀

1994 – Marocco

Dopo la Turchia è stato sicuramente il viaggio più bello; purtroppo posso darvi solo qualche spunto perché come sapete vado esclusivamente a memoria.

La prima tappa sarà la città di Fez; ovviamente faremo un paio di soste in Spagna, quindi il vero viaggio inizierà al confine ispanico-marocchino dove con la dovuta calma affronteremo il passaggio in dogana.

Espletate le formalità, riusciamo a raggiungere il nostro obiettivo la mattina del terzo giorno di viaggio; trovato un albergo che ci soddisfa, scarichiamo i bagagli, ci rinfreschiamo e poi facciamo un tour panoramico in moto, anche per capire e decidere cosa visitare nei giorni seguenti.

La vacanza in questa città si prolunga più del previsto perché Barbara ha qualche “problema di ambientazione” che ci bloccherà per un giorno intero; riusciremo poi a fare le dovute visite, anche aiutati, per un’intera giornata, da una giovanissima guida indigena che, alla fine, non ho malmenato solo perché era un ragazzino.

Almeno abbiamo subito capito che in Marocco si contratta su tutto, prima, durante e dopo; una continua ed estenuante battaglia sui prezzi.

Fez è molto bella e, nel giro turistico, facciamo anche acquisti importanti.

Successiva tappa Erfoud come base per raggiungere l’avanguardia del deserto sahariano: Er Chebbi. Per me la parte più bella del viaggio.

Le strade che percorriamo sono fantastiche, i paesaggi coinvolgenti con la prevalenza del colore rossastro che contraddistingue le terre aride dei questi territori; tale scenario viene spezzato da zone verdi lussureggianti di flora locale che annunciano zone abitate.

Giungiamo a destino, fa un caldo-umido infernale, l’aria nel casco è quasi irrespirabile e alzare la visiera è peggio, perché si ha la sensazione di soffocamento; sembra di essere in una sauna.

Arrivati in albergo, per fortuna con camere climatizzate, con Maurizio decidiamo, prima di rinfrescarci, di fare un minimo di manutenzione alle nostre moto; lasciamo le mogli in doccia e noi usciamo leggeri convinti di patire meno caldo.

Niente di più sbagliato; capiamo, così, perché loro sono ben vestiti.

All’area di servizio provvediamo al rifornimento di carburante ed ingrassiamo le secche catene; subito dopo rientriamo al fresco delle nostre dimore provvisorie.

Usciamo solo in tarda serata nella speranza di un maggior refrigerio, ma niente da fare; allora tentiamo la buona sorte dentro un ristorante dove, però, mangiamo velocemente perché seduti su sedie calde che sembrano essere ancora sotto il sole.

La visita alla cittadella sarà breve e rimandata al giorno dopo.

La mattina seguente proviamo a fare i turisti, una fatica enorme, e nel girare riusciamo anche ad organizzare, per il giorno seguente, la gita al deserto con guida locale.

La mattina ci troviamo con un giovane ragazzo che parla anche italiano decentemente; ci farà strada a bordo dell’auto di una coppia di spagnoli con cui facciamo subito amicizia.

Avanti loro e dietro noi, procediamo per buona parte su una “non strada” ossia attraverso un zona desertica sassosa, non sabbiosa, compatta che ci permette di viaggiare abbastanza tranquilli; arriviamo nel primo pomeriggio al bivacco, una struttura fatiscente fatta di paglia e fango davanti a fantastiche dune desertiche di sabbia finissima.

Io e Maurizio non resistiamo e ci buttiamo dentro con le nostre moto scoprendo che è praticamente impossibile muoversi là dentro; rimaniamo impantanati e, non senza notevole difficoltà, riusciamo a venirne fuori. Avremo fatto si e no 50 metri nel deserto, sudando le famose sette camicie.

Parcheggiamo le moto e ci prepariamo alla cena non prima di goderci uno stupendo tramonto. Ci troviamo a tavola che è buio pesto, saremo una ventina di persone giunte in quel luogo sperduto con i mezzi più disparati; la carente illuminazione è composta da un filare di lampadine penzolanti, collegate ad un rumoroso generatore diesel poco distante che, con il suo funzionamento altalenante, offre una luce discontinua.

Meglio, così evitiamo di vedere cosa e dove stiamo mangiando; tutti peschiamo a mani nude da un unico pentolone di cous cous e, seppur dubbiosi del rispetto di qualsiasi norma igienica, mangiamo di gusto anche perché non c’è altro.

Il cielo è nitidissimo, la luna è stupenda e illumina quasi a giorno le dune; con mia moglie decidiamo di fare un passeggiata.

C’è una leggera brezza e ci incamminiamo in questo saliscendi di sabbia morbida, coinvolti dalla luce del satellite terrestre; mentre proseguiamo sparisce gradualmente ogni rumore e ci troviamo nel silenzio assoluto nel nulla del deserto.

Si perde quasi totalmente l’orientamento in quella situazione ma avanziamo ancora, convinti di poter tornare indietro facilmente seguendo, al ritorno, le nostre orme lasciate nel precedente passaggio.

Ad un certo punto ci giriamo e vediamo solo e null’altro che sabbia; ci prende un po’ di timore, siamo totalmente soli e non ci rendiamo conto assolutamente di dove possiamo essere.

Torniamo indietro seguendo l’istinto e dopo qualche duna il brusio del campo ci fa da guida: per me rimarrà una sensazione stupenda.

E’ l’ora di dormire e decidiamo di farlo sul tetto del capanno (le stanze sono orribili e i letti peggio che dormire per terra); decidiamo di alzarci prestissimo per prendere i cammelli di alcune guide locali per potarci a vedere l’alba nel mezzo alle dune. Trattiamo il prezzo, ma sul momento non riusciamo ad accordarci e pensiamo che la mattina le guide saranno più malleabili.

E’ veramente tutto magnificamente surreale, nonostante la quantità di persone; sembra di essere in un’altro mondo, in un altro pianeta.

E’ fresco, l’escursione termica è discreta, la brezza leggera, ma costante, ci costringe a dormire con le giacche da moto. In un’attimo mi sveglio, c’è già luce, sono circa le quattro del mattino; ho 10 cm di sabba che lambiscono la mia spalla e il mio orecchio, c’è ancora la brezza, sono un po’ infreddolito, la finissima sabbia si insinua anche nei miei occhi.

Sveglio gli altri, dobbiamo andare subito a trattare con le guide per l’uscita con i cammelli, ma ci blocchiamo immediatamente perché vediamo che si stanno già avviando con altri passeggeri; non importa, restiamo sul tetto, afferriamo le nostre fotocamere e siamo pronti a catturare le immagini al comparir del sole.

Spettacolare veder emergere da quella distesa rossastra una palla di fuoco; ce la godiamo veramente tutta.

Arriva l’ora di ripartire, ma durante il rientro faremo visita anche ad un oasi non distante dove vedremo come gli abitanti hanno rubato terreno al deserto.

In serata siamo di nuovo al nostro albergo, di nuovo ad Erfoud, dove riposeremo il giorno seguente prima di ripartire.

Obiettivo successivo sarà Ait Ben Haddou, luogo famoso perché vi hanno girato scene di alcuni films famosi; prima di giungervi facciamo una piccola tappa a Ouarzazate, ma francamente non ricordo quale sia la motivazione.

Proseguiamo e raggiungiamo la piccola cittadina, da lontano fa un certo impatto; alloggiamo in un albergo fuori dal centro storico, che ci offre comunque una bella visuale del vecchio borgo, che sembra una fortezza fatta di fango e paglia.

Il giorno seguente, rigorosamente a piedi (solo così si può accedere), andiamo in visita alla cittadella; è, molto caratteristica, però, tolta la spettacolare vista dal punto più alto del sito, almeno per me, non lascia nessuna particolare sensazione.

E’ molto caldo e, assetati, otteniamo la cordiale assistenza di un abitante che ci offre ospitalità nella frescura della sua antica casa; ringraziamo e torniamo verso l’albergo. Per strada troviamo un incantatore di serpenti che attira la nostra attenzione e convince uno di noi (non mi ricordo chi) a toccare il suo cobra.

Finisce qui la visita e ci prepariamo a ripartire; Marrakesh non è distante e vogliamo raggiungerla il prima possibile.

Arriviamo a metà pomeriggio, abbiamo tutto il tempo per trovare una valida sistemazione; presto siamo pronti per un primo sopralluogo serale e notturno.

Il mattino seguente facciamo una lunga visita al souk, molto bello per quanto caotico, dove vediamo cose strane fatte con materiali di recupero, tipo otri fatte con vecchi copertoni usati.

La visita sarebbe stata fantastica se non fosse che a Maurizio gli hanno fregato il portafoglio dal marsupio; inutile capire come sia successo, e perderanno un sacco di tempo per fare una faticosissima denuncia alla polizia locale (immaginate le difficoltà a farsi capire), necessaria solo ad avere la possibilità in frontiera di recuperare il permesso di passaggio della moto di Maurizio senza il quale non potremmo uscire dal paese.

Già, al fine di evitare importazioni abusive di veicoli, all’ingresso in dogana rilasciano ai turisti con mezzi propri un documento d’importazione provvisorio con i dati del veicolo; questo “fazzoletto di carta” deve essere obbligatoriamente restituito all’uscita dal paese per dimostrare la proprietà del mezzo. Vi lascio immaginare le spiacevoli conseguenze.

Al brutto inconveniente del mio compagno di viaggio, si aggiunge la notizia di un attentato ad un albergo della città; ne veniamo a conoscenza casualmente e la conferma l’abbiamo la sera, quando telefoniamo a casa e sentiamo i parenti preoccupati per la notizia riportata sui nostri Tg nazionali. Li tranquillizziamo e dopo valutiamo di anticipare il rientro, anche per gli eventuali problemi che potremmo avere in dogana.

Quindi, rinunciamo alla visita di Agadir, sull’oceano, dove volevano goderci un piccolo soggiorno al mare; ripartiamo il mattino seguente per tornare a casa, non prima di aver fatto visita a Rabat, la capitale.

Il viaggio è rallentato da molti posti di blocco, conseguenti agli eventi dell’attentato, fatti con strisce chiodate sulle carreggiate; ovviamente dobbiamo procedere molto piano anche perché, le numerose guardie armate, fermano ed effettuano i controlli dei documenti.

Arriviamo a destinazione e cerchiamo una sistemazione; troviamo un buonissimo albergo in centro e da lì facciamo un programma.

La fermata, alla fine, è più per un favore che facciamo ad un nostro conoscente marocchino che lavora in Italia, il quale ci ha chiesto di passare dai genitori per salutarli da parte sua; a tale scopo, insieme a lui, avevamo registrato una videocassetta.

Prima cosa che facciamo a Rabat è questa e ci impegna tutto il pomeriggio e non solo; troviamo la sua famiglia, con qualche difficoltà nel cercare l’indirizzo.

Loro e tutti i familiari più stretti erano a conoscenza del nostro passaggio, per cui molto gentilmente lasciano le proprie attività lavorative e si dedicano a noi, ospitandoci anche a cena.

In qualche modo riusciamo a comunicare e questo ci permette di stare insieme; particolarità della cena è l’assenza dello donne della loro famiglia, che mangiano in cucina (usanze del posto).

Quindi, restiamo solo con gli uomini, io, Maurizio e, in via eccezionale, le nostre mogli; mangiamo, ridiamo, scherziamo, anche se, ovviamente, le nostre compagne sono contrariate, in particolare Barbara, che però in quell’occasione controlla la sua schiettezza 😉 .

Arriva il momento dove tutti insieme vediamo la videocassetta, anche le donne della loro famiglia, ed è evidente l’emozione che li assale nel vedere e ascoltare il loro ragazzo. Alla fine stiamo ancora un po’ tutti insieme; ormai a notte piena, ci congediamo e torniamo diretti in albergo, senza altre fermate.

Il giorno seguente facciamo una sommaria visita della città e sarà l’ultimo giorno di vera vacanza.

Per i più curiosi: in dogana saremo fortunati perché troviamo l’unico impiegato disponibile che, senza secondi fini, recupera dagli archivi l’originale del documento di importazione provvisoria della moto di Maurizio, che viene regolarmente annullato, così in meno di 2 ore siamo in territorio spagnolo. Ovviamente il mio amico gli ha voluto fare un cadeau.

Il resto è solo viaggio.

1993 – Un pezzo d’Europa

Salve a tutti,

non vi nascondo che di questo viaggio mi ricordo davvero poco e quindi senza nessun ausilio mi limito ad un reportage telegrafico di appunti, ma che dico appunti, di schizzi mentali; non c’è debbio che ogni qualvolta io od i miei compagni di viaggio trovassimo qualcosa da aggiungere questo verrà fatto.

Ma proviamo a ricordare.

(mappa) – (foto … in fase di ricerca)

Certo dopo la stupenda esperienza Turca sarà difficile creare un nuovo viaggio dal sapore altrettanto appagante, considerato poi che Capo Nord non riusciamo ad organizzarla; per cui, verso la fine dell’inverno, come sempre, nascono le idee che poi si sviluppano in viaggi.

Non chiedetemi perché ma a questo giro questo è quello che vien fuori.

Il primo giorno di vacanza vuole come obiettivo la città di Monaco; il viaggio è fin troppo semplice, banale direi; autostrada e via.

Sappiamo che il cambio col Marco non ci è affatto favorevole, per cui più volte pensiamo di passare la notte in un B&B prima di giungere a destino che sono decisamente più economici; fatto sta che alla fine ci troviamo nella capitale della Baviera e per far quadrare il bilancio troviamo alloggio in una casa dello studente.

Una sistemazione più economica rispetto ad un classico hotel, comunque sempre decisamente più costosa di un alloggio fuori città; ormai ci siamo, è pulito, abbiamo comunque una camera per noi, per una notte può andare.

Andiamo a cena in un fast food vicino per poi tornare a letto presto in modo da essere in piedi il giorno seguente di buon ora per dedicare più tempo alla visita della città; comunque ad un cert’ora del pomeriggio scapperemo verso Pagra.

Di Monaco ricordo il Glockenspiel, famoso carillon in Marienplatz, la piazza più antica della città; ci siamo goduti i suoi rintocchi animate dal movimento di tutte le statue, ne è valsa la pena attendere il mezzogiorno.

Come da copione, siamo ripartiti a metà pomeriggio in tappa di avvicinamento alla capitale Ceca che poi abbiamo raggiunto il giorno seguente; all’arrivo abbiamo seguito una sorta di raccordo autostradale che ad un certo punto è finito così, nel nulla.

Là abbiamo trovato un box che era una sorta di ufficio turistico, per cui abbiamo approfittato e ci hanno aiutato a trovare l’alloggio e chiamato il proprietario per venirci a prendere; dopo circa mezz’ora giunge un rotondotto signore in motorino con una simpatica faccia che strabuzza dal casco jet.

Scende si presenta e ci fa cenno di seguirlo e noi, in moto, eseguiamo; giunti alla casa (senza correre), il proprietario ce la mostra e ci chiede se siamo soddisfatti; molto carina, curata, con una piscinetta in giardino, ad un prezzo molto interessante, accettiamo e paghiamo.

Rimarremo là tre giorni, ben dedicati alla visita di questa bella capitale; dopo un giorno scegliamo i nostri posti fissi per mangiare e l’ultima sera, a cena, esagero assaporando come dessert delle meravigliose e abbondanti pesche melba che mi rimarranno nel cuore tanto che sarei restato un paio di giorni in più solo per quelle.

Il successivo obiettivo sarà in Polonia, a Cracovia; all’arrivo avremo molta difficoltà per trovare una sistemazione perché non esistono mezze misure.

Il primo hotel che troviamo è enorme, di lusso e con prezzi da ricconi; per noi è fuori misura per cui iniziamo una estenuante ricerca che dopo due ore ci porta ad una casa dello studente, enorme, scadente e con prezzo ridicolo, ma per due notti ce la facciamo bastare.

Prima di pranzo siamo già in centro per iniziare la visita della città; mentre con una mappa cerchiamo di capire cosa fare, siamo avvicinati da un signore che parla italiano, che di primo impatto non fa buona impressione anche per come è vestito.

In realtà si rivela una guida eccezionale, ed una persone umile e gentile ma di una cultura notevole; pur vestendo panni rattoppati mostra una dignità favolosa ed è sempre sorridente.

Entriamo in confidenza e ci racconta di essere un professore che fa la guida per arrotondare il basso stipendio; alla fine della giornata ci ha mostrato le cose più importanti intrattenendoci meravigliosamente.

Nel congedarci gli offriamo un extra rispetto a quanto pattuito, li merita tutti, e lui sorpreso ringrazia e prima di lasciarci ci indica la Miniera di sale di Wieliczka come luogo da visitare prima di abbandonare la Polonia.

Così abbiamo l’obiettivo del giorno seguente; la mattina ci rechiamo sul posto e la visita richiederà quasi l’intera giornata.

Questa antica miniera di sale e composta da una parte storica e culturale, aperta alle visite turistiche, e c’è anche una zona ancora operativa; scendiamo non so quanti scalini per giungere al punto di partenza del tour che sarà lungo e spettacolare.

All’interno della miniera ci sono molti locali, alcuni enormi utilizzati anche per la vita sociale della città; una sorta di villaggio sotterraneo con tanto di chiesa, mensa, salone riunione, con lampadari stupendi, e perfino una palestra per giocare a basket.

Il nostro buon professore ci ha dato davvero un ottimo consiglio; usciamo da lì che è quasi sera e torniamo a Cracovia giusto per cenare e fare un piccolo giretto prima di andare a nanna.

La mattina dopo viaggiamo verso una destinazione da motociclista, Brno, dove ci toglieremo lo sfizio di vedere il moto GP; arriviamo in serata e troviamo un albergo soddisfacente.

Notiamo, dalle finestre del corridoio che conduce alle nostre stanze, delle pareti esterne annerite e con Maurizio facciamo una battuta: “Ci manca solo che prenda fuoco l’albergo!!!”e ci ridiamo su; le camere sono ampie e pulite, le donne si gettano subito in doccia, visto che nei due giorni a Cracovia non hanno osato entrare nelle docce comuni dell’ostello della gioventù (beh, noi uomini ci abbiamo provato ma francamente erano da evitare soprattutto per ruggine e mancava acqua calda).

Ci svegliamo di buon ora e andiamo in moto all’autodromo situato fuori città, a circa 20 km; giunti sul posto troviamo immensi parcheggi, molti destinati alle moto, e quindi sostiamo, prendiamo il necessario e ci rechiamo alla biglietteria.

Acquistato il biglietto, rigorosamente prato, cerchiamo un buon posto per vedere parte del circuito; è una bella giornata di sole, fa caldo, e ci godiamo le tre gare principale con grande soddisfazione.

Abbastanza cotti dal sole, decidiamo di abbandonare rinunciando al resto delle competizioni minori; torniamo in albergo ci rinfreschiamo e riposiamo prima di cena poi ce ne andiamo a dormire perché domani si va a Vienna.

La mattina prima della partenza, non so per quale motivo domandiamo il motivo delle pareti esterne annerite e scopriamo che c’è stato un incendio recentemente ma che i lavori finali sono stati interrotti in occasione degli eventi sportivi motociclistici, salvo completarli subito dopo; con Maurizio ci guardiamo sorridenti ma senza commentare.

Entriamo nella Capitale austriaca a metà pomeriggio e provvediamo all’immediata ricerca di un luogo per alloggiare: i prezzi sono stratosferici ovunque, tanto che verso sera rinunciamo a restare e puntiamo verso l’Ungheria.

Durante il tragitto vorremmo fermarci in Austria ma, non trovando niente di adeguato, tiriamo di lungo e superiamo il confine: dopo pochi chilometri troviamo un campeggio di soli bungalow, molto carino e decisamente a buon mercato.

Ci sistemiamo e, nonostante la tarda ora, cerchiamo dove cenare; li vicinissimo c’è un locale molto grazioso e riusciamo a fare un piccolo pasto in modo di andare a dormire con lo stomaco a posto.

Sveglia presto, partiamo subito alla volta di Budapest, decidendo di fare colazione per strada; così facciamo, trovando un locale sulla via, valido per mangiare, ridicolo per altri funzioni biologiche (cessi a caduta).

Arriviamo in città in mattinata e, mentre giriamo alla ricerca di un “bivacco”, vediamo a bordo strada una bella donna che vicino ad un vecchio Maserati Ghibli fa cenno di fermarci; sostiamo, credendo che abbia bisogno di aiuto, ed invece ci propone, in modo fastidiosamente insistente, di alloggiare dove vuole lei; non ci fidiamo e quindi ci svincoliamo.

Continuando nel nostro giro nella capitale ungherese, che intanto intravediamo, troviamo un’agenzia turistica, ci fermiamo e chiediamo informazioni; ci vengono offerte varie soluzioni alloggiative ed optiamo per un appartamento in centro, paghiamo e andiamo con la mappa alla mano.

All’indirizzo indicato, Entriamo in un vecchio palazzo e raggiungiamo l’abitazione che troviamo in disordine, con il bagno da pulire e con liquami indecifrabili dentro ad un vaso; richiudiamo e torniamo a razzo in agenzia, spieghiamo il tutto e loro, scusandosi, ci rimborsano senza batter ciglio.

Siamo al punto di partenza e riprendiamo il girovagare, finche non ritroviamo la bella signora, che ribattezzeremo come “lo squalo”, che di nuovo ci richiama; siamo stufi di girare e qindi cediamo alle sue “lusinghe” e la seguiamo.

Ci porta in un grazioso immobile poco fuori città, e le stanze sono eccezionali; rimaniamo stupiti positivamente perché pensavamo fosse fosse tutta per noi, quindi partiamo contenti per una visita turistica pomeridiana.

Al nostro rientro troviamo una sorpresa, la nostra padrona di casa è in realtà un’affittacamere per cui la sera ci troviamo in compagnia di altre coppie ospiti, ma non è un problema; in fondo si sta bene, il posto è bello, pulito ed ognuno ha la sua privacy.

La mattina seguente andiamo a far colazione, compresa nel prezzo, in un locale a 100 metri di distanza che scopriamo essere un alberghetto di proprietà della madre; colazione ottima e via a fare i turisti, così per tre giorni intensi e piacevoli.

Non scorderemo mai “lo squalo”.

Comincia la fase di rientro in Italia e durante il tragitto valuteremo dove sostare; nel tragitto casuale ci troviamo vicino a Kranjska Gora ma i prezzi sono da famoso luogo turistico per cui cerchiamo alternative vicine meno conosciute.

Alla fine arriviamo a Bovec, paesino carino e tranquillo, e trovimo un magnifico albergo lussuoso e a buon prezzo; fa per noi, e mentre i le donne optiamo per centro massaggi, Maurizio si butta in fuoristrada con la moto.

Tutto bene se non fosse che, bello rilassato, devo sbattezzarmi insieme al mio “simpatico” compagno alla ricerca di un gommista che sistemi la sua ruota bucata; non sarebbe un problema se non fosse sabato pomeriggio e domani sera dobbiamo essere a casa perché lunedì rientriamo tutti a lavoro.

La fortuna ci aiuta, ci viene indicato, da abitanti del luogo, di andare a casa di un ragazzo che ha l’attrezzatura per darci una mano; e così siamo riusciti a rompere le balle ad un giovane nel suo giorno di festa, ma, ovviamente, alla fine è stato giustamente ricompensato, con un buon extra.

1992 – TURCHIA

Eccomi con la mia nuova HONDA AFRICA TWIN 750 e la voglia di avventura cresce a dismisura; in breve comincia a girarmi per la testa, non so perché, “Turchia” e butto giù un percorso con il mio fedele Atlante Stradale (altro che navigatore o smartphone).

Sempre più preso dall’idea, la propongo alle coppie di amici con cui ci frequentiamo, anche a coloro che una moto non ce l’hanno; ovviamente alcune mogli non sono proprio convinte perché spaventate dalla sicurezza del paese.

Ma quando il pensiero è veramente forte da sentirlo quasi vero, pare che gli eventi si predispongano per assecondarti.

Un giorno un mio cliente mi telefona in ufficio perché deve fare una fattura ad una ambasciata straniera; mi reco subito là e conosco il Sig. Silvano Barellini, che lavora … indovinate dove? Esatto proprio all’Ambasciata Italiana di Ankara.

Risolto velocemente il problema amministrativo, con quel simpatico e gentile signore facciamo una lunga chiacchierata nella quale espongo la mia voglia di viaggiare in Turchia; si instaura subito una forte empatia e racconta di alcune bellezze di quelle terre spiegandomi che non ci sono rischi di sorta.

E’ chiaro che assorbo ogni informazione e ogni dettaglio così preso dal mio desiderio di fare questa vacanza; alla fine lui mi propone di inviarmi del materiale pubblicitario specifico del posto e se decido di andare, anche in compagnia, mi darà supporto in loco senza problemi perché, nel periodo in cui intendo fare il viaggio, lui sarà a lavoro in ambasciata.

Ormai per me il gioco è fatto e non resta che convincere moglie e amici.

Non ho dubbi su Maurizio e Barbara, con cui abbiamo condiviso il viaggio di nozze e con cui condivideremo anche le vacanze motociclistiche degli anni seguenti, e di conseguenza non farà opposizione mia moglie; per gli altri, attenderò il materiale che mi manderà il mio nuovo amico dalla Turchia.

Non molto tempo dopo ricevo una grossa busta che esamino con moglie, Mau & Barbi, e poi fissiamo velocemente una serata con gli altri potenziali compagni di viaggio per parlare del progetto.

Ebbene la carovana sarà composta dalla mia Honda Africa Twin 750, la vecchia Hondina XL600 di Maurizio e Barbara, le due nuove Kawasaki KLR600 di Nicola/Angela e Felice/Lorella (questi ultimi sono gli unici alla prima esperienza motociclistica).

Allora si parte.

Il primo giorno è dedicato a raggiungere l’imbarco a Bari; arriviamo con abbondante anticipo rispetto alla partenza (la traversata è in notturna) e facciamo un giro per il capoluogo pugliese in sella alle nostre moto.

Particolarità, ci fermiamo in un luogo un po’ periferico e, mentre siamo lì a rilassarci mangiando qualcosa, arriva una pattuglia della Polizia; l’agente, con atteggiamento da figo, ma cordiale, senza uscire dai suoi Ray-Ban scuri ci dice: “Livorniani, Jamaica!!!” Prima non capiamo e lui con tono più incisivo ripete le medesime parole.

Fra noi ci scambiamo sguardi perplessi, stupiti ed ignari; il militare, allora, ci dice, in modo chiaro, che quel luogo non è sicuro, consigliandoci di spostarci in una zona più centrale.

Ringraziamo e ci spostiamo di nuovo verso il centro, casualmente (o forse no…) vicino ad una caserma, dove stazioniamo fino all’ora dell’imbarco; la notte dormiremo alla buona, su panche e sedie scomode del ponte, ma dopo oltre 800 km di strada piatta e noiosa non è un problema, almeno per me.

Purtroppo, sul ponte si fermano anche due turisti stranieri con chitarra e passione musicale; a lungo ci faranno compagnia, non richiesta, per poi andarsene a dormire nella loro comoda cabina, lasciandoci così poche ore di scomodissimo riposo.

La mattina sbarchiamo ad Igoumenitsa e subito prendiamo il via per fare più km possibili; però per strada c’è una tappa obbligata, Le Meteore.

Ci dirigiamo verso questo luogo mistico dove, su enormi rocce sospese quasi nel vuoto, sorgono dei monasteri e noi andiamo verso uno di questi; ovviamente sarà una visita veloce, rispettando le regole che impongono un abbigliamento decoroso cui provvediamo alla meglio, ma con decenza. Ne è valsa la pena.

Ripreso il cammino puntiamo di lungo finché, secondo il mio sistema consolidato, non arriva l’ora di cominciare la ricerca del ricovero per la notte. Raggiungiamo la costa e decidiamo di fare tappa a Platamon, scelta in modo del tutto casuale.

Troviamo un alberghetto valido a buon mercato e, scaricati i bagagli, ci rechiamo in spiaggia; lì troviamo un ristorantino carino e decidiamo di cenare.

I proprietari sono molto simpatici e cordiali e in un attimo ci troviamo a ridere e scherzare come vecchi amici e facciamo tardi; prima di tornare in albergo promettiamo che torneremo a salutarli al nostro rientro.

Il giorno seguente riprendiamo il viaggio e raggiungiamo la Turchia dove cominciano i contatti con Silvano, il funzionario dell’ambasciata; il piano di azione è comunicargli nella prima fermata mattutina dove ci fermeremo e nel pomeriggio, giunti sul luogo, seconda telefonata per sapere l’albergo prenotato per nostro conto. Fantastico!!!

Il primo obiettivo in terra ottomana è la città sul Bosforo; arrivati all’hotel segnalato, ci prepariamo ad un primo tour.

Istanbul è molto bella e ce la godiamo appieno; una sera ci permettiamo una sontuosa cena, a base di pesce, in un ristorante del suk dove finiamo per discutere in modo molto acceso con il proprietario, che gonfia il conto pesantemente. Alla fine ne usciamo fregati ugualmente, ma in fondo il prezzo pagato è pur sempre decisamente più economico in confronto all’Italia.

Arriva il giorno della partenza e dobbiamo macinare un po’ di km, per cui ci alziamo molto presto; le nostre moto sono custodite in modo sicuro in un garage poco distante dall’hotel, ma siccome a quell’ora è ancora chiuso, chiediamo al receptionist di avvisare i guardiani di aprirci.

Noi uomini andiamo ridendo e scherzando verso il portone della rimessa che troviamo chiuso; bussiamo cortesemente, ma riceviamo risposte incomprensibili, insistiamo, ma stesso risultato.

Cerchiamo allora di dialogare con i custodi, ma è una situazione ridicola perché le lingue sono totalmente diverse; al nostro incalzare le risposte si fanno sempre più agguerrite e urlate.

Noi cominciano a perdere la pazienza, non ci siamo alzati presto per perdere tempo davanti all’ingresso, chiuso, di un garage; diventiamo più incisivi e per tutta risposta sentiamo uno schianto sulla saracinesca che lì per per li ci fa pensare ad uno sparo.

Dopo un attimo di paura e smarrimento, risolviamo mandando uno di noi alla reception affinché provvedano al problema; il risultato è positivo, ci viene aperto ed i ragazzi di guardia si scusano facendoci capire che la notte lì può essere molto pericoloso e non devono mai aprire prima dell’ora stabilita.

Il tutto si risolve con qualche risata e con saluti amichevoli e siamo pronti per la tappa successiva, Pamukkale; là ci potremo godere le famose cascate di acqua calda calcarea che hanno formato delle vasche in cui si può fare il bagno.

La strada che ci porterà a destinazione non è male, il traffico è molto limitato, il panorama notevole, ma arriveranno le sorprese.

Al momento di fare rifornimento ci fermiamo ad un distributore di carburanti, la strada principale è asfaltata ma l’area di servizio no e fin qui ci si può stare. C’è un bar/market ma… prima sorpresa!!! Il bagno è esterno, sono delle cabine poco distanti con cessi rigorosamente alla turca ma ingiovabili; ovviamente le donne rinunciano, io in stato di necessità mi arrangio non vi dico come.

Viaggiamo spediti e a turno tiriamo il gruppo tutti sereni e soddisfatti ma… seconda sorpresa!!!! Son io in testa e in lontananza vedo il colore della strada cambiare, diventare decisamente più chiaro, quasi a riflettere la luce solare; non comprendo e quando capisco è troppo tardi per poter frenare.

La strada è coperta di sassi e ghiaino, non si affonda, per fortuna, e per rallentare levo gas e scalo gradatamente un paio di marce; dietro partono una scarica di sassate, menomale abbiamo tutti i paramani .

Dopo qualche chilometro torna la strada normale, non capiamo, ma il resto della strada è buono e giungiamo a destinazione ancora con il sole che ci permette di vedere il magnifico impatto di questa cascata calcarea bianca, almeno da lontano.

Arrivati più vicino vediamo che la parete è molto sporca e le polle non sono tutte piene d’acqua… peccato!

L’albergo prenotato è il più bello, proprio sopra la cascata, con la piscina che è una vasca naturale enorme piena di acqua calda; prima di cena rigoroso tuffo, stupendo toccasana dopo il lungo e caldo viaggio sotto il sole cocente.

Purtroppo Barbara “smarrisce” gli occhiali da vista nuovi, appena acquistati prima di partire, belli e costosi; ovviamente non li ritroveremo. Quindi a cena si presenta con gli occhiali scuri sempre graduati… sembra Ray Charles al femminile, ma di necessità si fa virtù.

La mattina dopo facciamo un giro turistico sul luogo e abbiamo conferma del degrado della cascata, causata dall’abuso fatto dagli alberghi intorno che assorbono la maggior parte dell’acqua che sgorga dal sottosuolo; scopriamo che siamo fortunati a poter fare questa visita perché UNESCO e governo turco hanno deciso il recupero del sito attraverso l’abbattimento, entro 10 anni, di ogni struttura turistica riportando il posto al suo naturale splendore.

Forse non abbiamo visto il posto nella sua massima salute, ma almeno abbiamo avuto occasione di godere delle sue acque nella piscina naturale del nostro albergo.

Dopo pranzo si riparte alla volta del successivo obiettivo, Bodrum; il posto è sul mare, ci vogliamo concedere qualche giorno di relax in spiaggia e saremo ospiti di un albergatore italiano amico di Silvano.

Anche qui il viaggio riserva una sorpresa: la strada, buona ed ampia, ci consente di viaggiare velocemente fra bei paesaggi fino a che ci troviamo davanti un lastrone nero che ricopre entrambe le carreggiate.

Riusciamo a rallentare ma ci troviamo invischiati nel bitume fresco per un paio di km e non vi dico in che condizioni ci ritroveremo; Maurizio e Nicola approfittano della maggior leggerezza delle loro moto e si buttano sul ciglio esterno alla strada, non asfaltato, limitando i danni.

Felice, davanti a me, non se la sente perché c’è una piccola scarpata (e lui soffre di vertigini) per cui resta in strada a schizzarmi di catrame; io ho la moto più pesante di tutti e non mi fido della tenuta dell’argine, quindi rallento per tenermi il più possibile lontano da chi mi precede che veramente procede a velocità quasi ridicola. Pattiniamo di brutto e ci conciamo per le feste.

All’arrivo a Bodrum, lasciamo le mogli in albergo e noi uomini passeremo una buona ora per ripulire le moto con gasolio e stracci. Come inizio al mare direi non proprio ottimale; prima di cena ci facciamo comunque un tuffo.

La località è molto carina, un centro balneare per benestanti e, visto il cambio a noi favorevole, non ci facciamo mancare nulla.

Arriva il giorno della ripartenza e puntiamo verso Canakkale, vicino ai Dardanelli dove dovremmo fermarci un paio di giorni per visitare i luoghi storici dei dintorni fra cui la città di Troia.

Questo era il progetto iniziale, ma non si svilupperà in tal senso.

Quando manca meno di un’ora all’arrivo, le nuvole, che si intravedono all’orizzonte, ci costringono ad un velocissimo stop & go per metterci il materiale antipioggia e, ovviamente, lo scroscio in cui ci imbattiamo ci rallenta molto.

Arriviamo in albergo che è buio, prendiamo subito possesso delle camere e, ripuliti, ceniamo; dopo azzardiamo un’uscita nel paese, ma il maltempo e il mercatino semideserto, con quasi tutte le bancarelle chiuse, ci convince a tornare in hotel, dove decidiamo un drastico cambiamento di programma.

La mattina seguente il sole è splendido e facciamo un piccolo giretto nel souk salvo poi ripartire per prendere il traghetto che attraversa i Dardanelli; il nuovo obiettivo è tornare a Platamon, la cittadina sul mare dei nostri amici ristoratori greci, e là fermarsi alcuni giorni per riposarsi più vicino a casa. Faremo di nuovo i turisti al mare.

Poco dopo la traversata dello stretto, una pattuglia di polizia ci ferma per un controllo e chiede i documenti; Barbara rufola nel suo grosso zaino ed estrae una ciabattina da mare. Ci facciamo tutti una risata e alla fine il controllo non viene fatto e ripartiamo per la nuova destinazione scelta.

Arriviamo la sera e torniamo al solito albergo, scarichiamo velocemente i bagagli e raggiungiamo il ristorante dei nostri amici greci; sorpresi e felici di vederci, ci fanno mangiare molto bene e poi restano a parlare e scherzare con noi fino a tardi. Domani riposo e mare assoluto.

In realtà non riposiamo e, dopo abbondante colazione, decidiamo tutti di andare sul non distante Monte Olimpo; non troveremo gli Dei, ma una bella strada panoramica con strapiombo da un lato. Il rientro sarà una goduria per Felice che soffre di vertigini e non riesce a stare a bordo strada.

Comunque tutto bene e al rientro relax in spiaggia; ovviamente cena di nuovo al nostro ristorante e via altra serata in buona compagnia.

Il terzo giorno … no, non resuscita nessuno, ma sparisce una moto. Ci siamo appena alzati, io e Felice scambiamo due parole mentre iniziamo a saccheggiare il buffet, arriva Nicola di corsa e dice che che ha sentito che hanno rubato una moto; ci blocchiamo e mentre ci rechiamo all’esterno Felice, sorridendo, dice: “col culo che mi ritrovo sarà la mia”. E così fu.

Presi dallo sconforto, cerchiamo di capire e di risolvere; ovviamente, per Felice e Lorella, la vacanza finisce qui.

Non voglio farvi stare in pena, la moto verrà ritrovata un mese dopo ed i nostri sfortunati compagni di viaggio andranno a recuperarla, non senza qualche problemino.

I nostri amici ristoratori sono stati molto gentili e disponibili e hanno aiutato moltissimo i ragazzi.

Tornando al viaggio, rimasti in 3 coppie, completiamo la vacanza, anche perché non potevamo fare diversamente visto che l’imbarco era già fissato, cercando di goderci il tempo rimanente.

Arriva il giorno della partenza e tristemente ci troviamo in 3 moto in movimento; la strada ormai è conosciuta e dobbiamo arrivare per tempo all’imbarco, tutto sembra volgere per il meglio.

Siamo in anticipo sui tempi ed io, in testa al gruppo, vado tranquillo e costante per godermi al meglio curve e paesaggi; anche perché da Bari sarà solo autostrada.

Ad un certo punto vengo sverniciato prima da Maurizio e, a ruota, da Nicola; penso: “eccoli che fanno a gara. Sempre i soliti.” 😀

Mi adeguo ma senza stargli addosso; ad un certo punto vedo molto in lontananza, a bordo strada, il “retro” di una pecora e mi sale in testa un brutto pensiero; infatti, l’ovino inizia una corsa sconclusionata lungo il ciglio prima di gettarsi in strada, proprio davanti a Maurizio. Vano il suo tentativo di frenata, ha centrato in pieno l’animale.

Risultato: giù lui e subito dopo giù anche Nicola.

Sereni, con molta fortuna, se la sono cavata con pochissimi danni fisici e materiali, e siamo potuti tornare a casa con i nostri mezzi. La pecora? Se l’è cavata pure lei.

Alla fine, il viaggio, comprensivo di tutti gli imprevisti, rimarrà memorabile per tutti i partecipanti.

1991 – Viaggio di nozze

(mappa) — (foto – in fase di ricerca)

Partiamo in fortissimo ritardo, nel pomeriggio del 26 agosto, e dobbiamo fare tappa obbligatoria a Ventimiglia per dormire.

Il giorno seguente arriviamo a buio a Lloret De Mar; all’epoca era un paesello su una strada nel nulla, con pochissima vita, tant’è che troviamo una sistemazione per la notte molto arrangiata; ristorantino con stanze di “dubbia qualità”, ma per una notte può andare.

Mangiamo bene e, grazie alla cortesia del titolare, le moto vengo salvaguardate mettendole al chiuso dentro al ristorante. Poi subito a nanna e la stanchezza distoglie l’attenzione dall’estetica della cameretta.

Svegliati di buon ora, raggiungiamo la vera prima tappa del nostro viaggio, Barcellona, dove alloggiamo per un paio di giorni per visitarla almeno un po’.

Alla ripartenza, il secondo obiettivo è Granada; anche qui ci fermiamo un paio di giorni, per causa di forza maggiore, ma alla fine ne è valsa la pena.

La tappa successiva è il nostro fortino, ma prima ci vogliamo permettere un piccolo extra. Proviamo ad affrontare il Pico Veleta, ma un fortissimo vento a 2800 metri ci costringe a tornare indietro; Maurizio e Barbara cadono praticamente da fermi, su una curva aperta, a causa della spinta del vento laterale.

La mitica Barbara, fotografa autodidatta e appassionata, non si scompone e con la sua fedele fotocamera spara a ripetizione catturando immagini in sequenza.

Io riesco a fare inversione ad U, una fatica mostruosa, e scendo di 3 tornanti per parcheggiare in un luogo riparato dal vento per poi correre in aiuto dei ragazzi: errore quasi letale … A 3000 metri circa l’aria non c’è.

Avrò corso sì e no 400 metri, ma sono distrutto come se avessi fatto una campestre di 10 km. Mi riprendo e aiuto Maurizio a tirar su la sua Honda XL600 e, mentre lo facciamo, ci passa accanto un vecchissimo BMW GS che prosegue in scioltezza… umiliazione!!!!

Ritorniamo a valle, a Granada ci fermiamo in un parco e sudati fradici ci spogliamo e recuperiamo le forze; ci sentiamo esausti e demoralizzati, si fa per dire, infatti ci facciamo un sacco di risate per la nostra incapacità o inesperienza, ma, al rientro, proveremo a risalire dall’altro versante: Pico Veleta, hai vinto una battaglia ma non la guerra.

Siamo ovviamente in ritardo, proseguiamo il viaggio per avvicinarci il più possibile alla nostra 3^ tappa, ESTEPONA, dove alloggeremo; sarà la base dei nostri spostamenti giornalieri.

Verso sera incrociamo dei motociclisti che ci avvisano che verso il mare non si trova posto per dormire poiché ci sono varie feste paesane che hanno raccolto una moltitudine di persone.

Allora anticipiamo la ricerca del giaciglio notturno e ci troviamo in una cittadella dell’entroterra che sembra adatta al nostro stop.

Qui, dopo un po’ di faticosa ricerca e grazie all’aiuto di qualche indigeno, troviamo una strana sistemazione: una casa con varie camere, tutte singole. Stasera ognuno dorme da solo.

Usciamo per cenare, anche in questo paese c’è festa, una gran confusione, ma è divertente; raggiungiamo l’arena e scopriamo che sotto le tribune c’è un ristorante. Si mangia bene e la sangria fa veramente effetto; dopo una passeggiata la stanchezza ed i fumi dell’alcool si fanno sentire. Meno male ognuno dormirà da solo, anche perché nessuno era in condizioni di far nient’altro.

Sveglia presto, per recuperare un po’ di tempo, e a metà mattina siamo al nostro alloggio; un appartamento in un complesso residenziale turistico molto grande.

Anche la nostra abitazione vacanziera è di dimensioni importanti, ma non è proprio il massimo né come manutenzione né come pulizia; alla fine ci accontentiamo anche perché è solo una base di appoggio.

Usciti in terrazza scendiamo, tramite una scaletta in ferro, nella spiaggetta sottostante e, prima di pranzare, cerchiamo di fare un tuffo; l’acqua è gelida, e sono le 13.30, solo io riesco a fare il bagno che sarà brevissimo perché proprio non ci si scalda, nemmeno nuotando.

L’oceano non è distante e si fa ben sentire.

Nei giorni seguenti alterniamo relax al mare o in piscina a viaggi e visite fuori zona.

Il luogo più lontano che andiamo a visitare sarà Siviglia; bellissima, ma un caldo atroce.

Arriva il come back home e ci sono tappe non proprio delineate per il rientro; di sicuro si parte da PICO VELETA.

Stavolta il tempo è molto più clemente e la salita dal versante sud è più graduale e protetta, anche se buona parte del percorso è una strada bianca, comunque molto facile.

Giunti in cima ci sentiamo eroi, ma ci sono un sacco di persone con i più svariati mezzi: io e Maurizio ci ridiamo su pensando al Bmw che, qualche giorno prima, è arrivato fin quassù in scioltezza.

Ripartiamo scendendo dalla strada asfaltata, quella che all’andata ci è stata ostile; ripassiamo da Granada e puntiamo verso Madrid.

Le strade sono nuove rispetto al mio viaggio di 4 anni prima e tante cose sono cambiate: la Spagna subito dopo la fine della dittatura ha avuto veramente una crescita esponenziale.

Prima di giungere a destinazione, non manca una sosta a Toledo dove riusciamo a comprare delle spade e dei poster che in qualche fantasioso modo riusciamo a caricare in modo protetto.

Giunti nella capitale spagnola, la visita è veramente priva di nota; solo un passaggio in sella prima di farci letteralmente svaligiare il portafoglio in un ristorante cinese fra l’altro davvero poco pulito.

Beh, se molli la presa, la fregatura è sempre dietro l’angolo.

Dopo il pasto, senza indugio ci rimettiamo in strada, diretti verso casa per la via più veloce, facendo solo le fermate per dormire.

Ringrazio Maurizio per avermi sopportato, perché in alcune occasioni sono stato detestabile; mi ero stupidamente convinto che io dovevo curarmi di tutti, mentre lui era ampiamente all’altezza.

Le piccole disavventure avute, alla fine sono diventate parte piacevole di questo viaggio e le ricordiamo ancora oggi ridendo e sentendoci anche orgogliosi, anche perché all’epoca non esisteva supporto di navigatori o telefonini e se ti perdevi di vista non era detto che ti ritrovavi facilmente.

Alla fine tutto è andato per il meglio ed ho capito che, anche in compagnia, le situazioni critiche fanno parte del viaggio e con la calma una soluzione si trova sempre.

Grande insegnamento per tutti i viaggi futuri.

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