di tutto un po'

Mario Ferraro

09.06.2019 – LAGO DI BOLSENA E DINTORNI

(08.06.2019) km 550 circa – fotomappa

L’estate tarda ad arrivare e, prima che il caldo ed il lavoro la facciano da padroni, scatta l’idea di un lungo giro giornaliero per sfogare la voglia di viaggiare in moto coniugando piacere di guida e aspetto turistico.

Si profila nella mente, non ricordo nemmeno il perché, di andare al Pozzo di San Patrizio (chissà che mi aspettavo) per cui scatta la destinazione: Orvieto.

Ovviamente il giro prevede il piacere di guida per cui scelta di un percorso più “laborioso” attraverso l’entroterra toscano; poi, siccome mi piace viaggiare facendo percorsi diversi fra andata e ritorno, abbino anche un girotondo del Lago di Bolsena. Prospetto l’idea a vari amici, motociclisti e non, e parlando si aggiunge la visita della vicina Civita di Bagnoregio, il paese che sta morendo, e alla fine, per non farsi mancar nulla, rientro passando dalla vetta del Monte Amiata (che vuoi che sia, è tutto così vicino…).

Quindi, percorso definito: attraversando le strade meno battute del senese, si raggiunge Orvieto, con primo obiettivo il famoso Pozzo e, a seguire, uno sguardo alla cittadina, per poi proseguire andando a visitare la morente Civita di Bagnoregio, e dopo raggiungere Bolsena e, da lì, fare la circumnavigazione del Lago, possibilmente lungo costa.

Finito questo, continuare alla volta del Monte Amiata, facendo un percorso più lento e impegnativo per godersi una strada guidata fra le curve di montagna e, infine, giù per rientrare a casa.

Ma andiamo per ordine.

Nonostante la discreta pubblicità del mio tour fatta fra amici e gruppi motociclistici di cui faccio parte, alla fine è stata una partenza in solitaria, ma non è la prima volta e la cosa non mi ha creato alcun problema.

Quindi, oggi sabato 8 giugno ore 8.00, puntuale, parto dal distributore dove ho appena fatto il pieno che dovrebbe darmi, e così sarà, autonomia per tutto il viaggio.

Con buona andatura raggiungo in fretta Saline di Volterra, poi Pomarance e, poco dopo, imbocco strada di San Dalmazio che mi porterà fino alla Cassia dove proseguirò per Orvieto. In teoria dovrei essere a destinazione per le ore 11.30 ma in realtà non è andata così.

Alla bramosia iniziale di fare foto che portano ad inevitabili brevi fermate, si aggiunge una segnaletica non proprio chiara unita a qualche difficoltà tecnica (connessione di rete carente che ha impallato spesso g.maps); il paesaggio ovviamente è fantastico e la maggior parte della strada è divertente da guidare lasciando spazio anche a troppa esuberanza.

Giunto, non senza qualche difficoltà di orientamento, sulla Cassia (SR2), davanti a me un’immagine che pare un dipinto ma c’è giusto il tempo di una foto per immortalare siffatta bellezza perché devo proseguire; già comprendo che non rispetterò i tempi programmati.

Proseguo sulla SR2 cercando di recuperare qualcosa, il tempo continua ad alternare sereno e foschia con il caldo che si fa sentire, e finalmente giungo alla cittadina di Acquapendente che mi fa pensare di essere praticamente arrivato; ormai suono fuori tabella di marcia e, involontariamente, mi permetto il lusso di sbagliare anche strada, ma come si dice: “tutte le strade portano a Orvieto (non è cosi il detto, ma qui ci sta tutto)”.

Ed ecco che a distanza compare, si erge su una collina di tufo, e nel giro di pochi minuti mi ritrovo alla prima rotonda, con tanto di insegna, per poi raggiungere, costeggiando una parete (ovviamente di tufo), il parcheggio di fronte al giardino dove c’è il mio primo obiettivo; mi fermo e prima vado ai vicini giardini pubblici dove godo di un’ampia vista panoramica.

Il caldo accumulato ora mi assale, abbigliamento da moto e zaino mi pesano, e quindi decido di fare visita al famoso Pozzo di San Patrizio.

Mi avvicino e, purtroppo, devo ammettere che già dall’esterno non mi entusiasma, ma forse mi ero fatte troppe aspettative.

Decido di visitarlo ugualmente, approfitto della cortesia delle ragazze della biglietteria per lasciare quasi tutto in deposito e procedere molto più leggero per il mio giro turistico; mi bastano circa 20 minuti per scendere e salire i complessivi 500 scalini (circa) che prima mi portano a meno 53 metri, su un ponticello a pelo d’acqua, e dopo, risalendo, con uno strategico stop, mi fanno assaporare la gradevole frescura.

Confermo, francamente nulla di che ma almeno mi sono ripreso dalla botta di calore.

Tornato in superficie, in men che non si dica ritorna l’arsura però non posso non dare uno sguardo fugace alla parte storica della cittadina.

Recuperato tutto il materiale, mi preparo, piuttosto carico, alla passeggiata non prima di dare un’occhiata alla moto; là trovo un simpatico motociclista pisano con il quale facciamo una amichevole chiacchierata da cui ricavo anche qualche dritta per ottimizzare la visita cittadina.

Anche qui rimango un po’ deluso; per me, uniche cose degne di nota sono il Duomo, davvero notevole, e la sua ampia piazza e con possibilità di soffermarsi all’ombra.

Ma non ho tempo e, soprattutto, non ho cellulare (totalmente scarico) per cui punto “fiaccamente” deciso verso il parcheggio.

Sono le 14.15, mi rivesto, e non è certo un piacere, e dirigo senza indugi verso Civita di Bagnoregio. Durante il tragitto il telefono non si carica a sufficienza, quindi piccolo pit-stop al bar che si trova nel palazzo davanti la veduta panoramica della cittadella arroccata sul tufo; qui ricarico il cellulare, grazie ad una presa di corrente gentilmente offerta dalla giovane barista, e me stesso, sorseggiando acqua fresca all’ombra del giardino.

20 minuti dopo sono in cammino per attraversare il ponte che porta al paesello e non è una passeggiata da poco, sotto il sole cocente; massacrante la salita finale che porta dentro il borgo, che credo sia molto più suggestivo in notturna.

Di morente c’è poco, anzi il piccolo centro gode di una gran vita turistica, ma come sempre il tempo stringe e quindi cerco con le foto di lasciare maggior memoria del mio passaggio; il ritorno è più faticoso dell’andata, e meno male che anche in questa occasione ho trovato asilo a quasi tutta la mia zavorra. Comunque, 45 minuti ci vogliono per fare tutto che, aggiunti ai venti al bar, fanno le 17.15 e ho ancora altri 2 obiettivi da raggiungere.

Alle 17.30 sono in movimento in direzione di Bolsena che raggiungo in meno di 20 minuti e qui, finalmente, una positiva sorpresa: è veramente molto carina e non sarebbe male per una breve vacanza, pur non essendo un’amante dell’acqua dolce.

Anche il lago mi è piaciuto moltissimo e girargli intorno, lungo le strade che costeggiano le spiaggette, me lo hanno fatto apprezzare moltissimo tanto che davvero penso valga la pena di passare alcuni giorni qui facendo capo a Bolsena.

Altrettanto piacevole Capodimonte, un po’ meno Marta; ma subito dopo Via della Spiaggia e Via San Rocco ti tengono attaccato a vari chilometri di spiagge che quasi ti fanno credere di essere al mare ed ogni punto è buono per una piacevole giornata di bagni d’acqua e di sole.

Dopo si sale verso Montefiascone e da lì di nuovo verso la città del lago; la strada è più in alto e più distante dalle rive però qui si gode del piacere di una guida brillante e divertente, traffico permettendo (a me è andata bene), e presto mi sono di nuovo rifermato nella piazzetta antistante il lago rimanendo indeciso se fare il bagno per rinfrescarmi, ma avrei dovuto rinunciare all’ultima tappa.

Alla fine la scelta è stata facile, per quanto obbligata, perché la balneazione mi avrebbe sciolto tutto il carico adrenalinico e casa sarebbe stata davvero lontana da raggiungere.

Per cui resetto la mappa scegliendo il percorso più impegnativo per raggiungere la vetta del Monte Amiata; tempo stimato 1 ora e mezza, tempo effettivo, fermate fotografiche incluse, 1 ora e 15 minuti.

Partito alle 19.15, mi sono fatto un’ora di strada con il sole che calava davanti ai miei occhi; strada fantastica, divertente per quanto faticosa, causa la luce che costantemente mi accecava, e solo quando la pendenza è aumentata, il sole ha cominciato a far prima capolino dietro le curve sempre più strette e poi è scomparso fra i rami della fitta vegetazione boschiva che mi ha accompagnato fino in cima ad oltre 1700 metri.

Alle le 20.30 sono in vetta ma ho giusto il tempo di un paio di foto di rito e riparto salutando dei camperisti che facevano un picnic.

La discesa mi è sembrata più faticosa e la strada, seppur bella, meno godibile, forse per la stanchezza. Dopo Arcidosso mi sono fermato per un’ultima foto con una luce decente ma la foschia oscurava il sole; fatto il punto della situazione ho memorizzato il percorso fino a casa, che prevedeva ancora strade godibili per almeno 50 km circa. Ben presto la luce è sparita e la guida al buio non dava nessun godimento.

La maggior concentrazione di guida mi ha fatto dimenticare la stanchezza e dopo una sosta ad un distributore, non so dove, per vestirmi in maniera più adeguata al cambio di temperatura, ho mirato deciso a casa.

Ormai totalmente al buio, la strada non dava più nessun piacere e l’unico scopo era quello di raggiungere il prima possibile la mia doccia; con questo pensiero ho tenuto un buon ritmo senza esagerare e, seguendo il percorso prefissato, a Bagno di Gavorrano ho imboccata la Variante SS1 e, a velocità costante, mi son trovato davanti al mio cancello alle 22.20, davvero stanco e soddisfatto.

Ma era sabato sera, quindi doccia e… il resto è un’altra storia che non ha nulla a che fare.

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1 Comment

  1. Anonimo

    La prossima volta vengo anch’io.
    Ciao da Assunta. Kisses.

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